La
vita straordinaria di una donna nata in Cile e vissuta nell’Italia fascista,
sfuggita ai massacri della dittatura argentina. Il lascito di memoria di una formidabile
novantenne, da Valparaíso all’Italia del regime, attraverso la seconda guerra
mondiale e l’Argentina peronista degli anni Cinquanta è al centro di Memorie
da due mondi, scritto a quattro mani da Manuela Cedarmas e Daniela
David.
Le
autrici presentano il libro insieme a Riccardo Noury e Anna Maria Giordano venerdì
7 dicembre, alle 17,30 in sala Antares,
nell’ambito di Più libri più liberi
che si tiene presso il Roma Convention Center La Nuvola, viale Asia
40 (zona Eur).
Di seguito un breve estratto da Memorie
da due mondi, sul ruolo della donna durante il Ventennio.
“Durante il fascismo le donne dovevano accontentarsi di vivere secondo lo
slogan coniato da Mussolini “obbedire, badare alla casa, mettere al mondo figli
e portare le corna”, in sostanza accettare di essere relegate nell’ombra, in un
mondo fatto di e per uomini. La donna era e doveva essere “l’angelo del
focolare”, madre e procreatrice di sudditi dell’impero. Un ruolo funzionale
agli interessi dello Stato, enfatizzato quasi ossessivamente dal regime, che
assegnava alle donne una precisa missione nella società. Ogni forma di
emancipazione da quel ruolo era del tutto inconcepibile o semplicemente
innaturale. La natalità veniva favorita con premi in denaro e agevolazioni
economiche per le famiglie più numerose. Le madri con più di sette figli
ricevevano la medaglia d’onore, mentre i giovani maschi con più di 25 anni non
sposati, in base all’età, dovevano pagare la “tassa sui celibi”. Alla fine
degli anni Trenta, nel periodo “imperiale” del regime, cosi si legge in un
manuale di igiene: “Lo scopo della vita di ogni donna e il figlio. […] La sua
maternità psichica e fisica non ha che questo unico scopo”.