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mercoledì 23 dicembre 2015

Secondigliano, finalmente chiuso il primo Opg della vergogna

Nove mesi dopo la scadenza della data stabilita dalla legge (31 marzo 2015), il primo Ospedale psichiatrico giudiziario (Opg), una vergogna tutta italiana, è stato chiuso. Ne dà notizia il Comitato nazionale StopOpg (http://www.stopopg.it). A ottenere quello che è un primato non da poco, per un Paese che vuol continuare a definirsi civile, è Secondigliano (Napoli), che si spera sia d’esempio per le amministrazioni che devono chiudere gli altri quattro Opg ancora aperti: Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino, Aversa e Barcellona Pozzo di Gotto.
Nei mesi necessari alla chiusura della struttura di Secondigliano le persone internate nel locale Opg – in gran parte residenti nel Lazio e in Campania – sono state progressivamente trasferite nelle Rems (le Residenze regionali per l’Esecuzione della Misura di Sicurezza), strutture in condizioni più decorose degli Opg, ma sempre di tipo detentivo, che non possono perciò rappresentare l’alternativa definitiva ai manicomi giudiziari.
Da molte parti ci si chiede che cosa aspetti il governo italiano a nominare il commissario nelle regioni inadempienti che non hanno ancora accolto i loro pazienti in strutture diverse e più umane degli Opg, dando così attuazione alla nuova legge 81. Il superamento degli Opg non può e non deve, infatti, risolversi con la sola apertura delle Rems (o peggio, come a Castiglione delle Stiviere), strutture che la nuova legge considera una extrema ratio, ma devono essere privilegiate misure alternative alla detenzione, nello spirito della legge 180, che, abolendo il manicomio, ha indicato come centrali gli interventi terapeutico riabilitativi di comunità, fuori dalla logica della custodia e dell’esclusione sociale.

Sull’argomento consigliamo vivamente la lettura del libro di Angelo Lallo, “Mala dies” (Infinito edizioni, 2014).

mercoledì 16 dicembre 2015

Sport Media Pearl Awards 2015: the winner is Dario Ricci

Grande soddisfazione per Dario Ricci, nostro autore e giornalista di Radio 24 con la trasmissione Olympia, che ha vinto il primo premio assoluto degli Sport Media Pearl Awards 2015, gli Oscar del giornalismo sportivo mondiale, promossi dall'Aips (l'Associazione Internazionale della Stampa Sportiva), assegnati ieri ad Abu Dhabi. La puntata vincitrice è quella dedicata a Rocky Marciano, il grande campione dei pesi massimi di origine italiana che chiuse la sua strepitosa carriera con 49 successi su altrettanti match, con 43 ko. La puntata, trasmessa il 12 aprile 2015, racconta la storia di un mito del ring, ma anche la storia dell'emigrazione italiana verso l'America a inizio Novecento.
«Essere finalista in un contesto così prestigioso è un riconoscimento non solo per Olympia – sottolinea Ricci – ma per l'intero lavoro della redazione di Radio 24, dai giornalisti agli assistenti ai programmi e ai tecnici. È un grande onore per me essere parte di questo gruppo».

Olympia, la trasmissione di Dario Ricci su Radio 24 ripercorre, tra attualità e memoria, le pagine epiche della storia dello sport e i momenti più drammatici ed emozionanti dello sport contemporaneo, prende il nome dalla storica città della Grecia, culla dei Giochi Olimpici, luogo simbolo dello sport e dei valori più alti che esso rappresenta. Per ascoltare e scaricare la puntata di Olympia dedicata a Rocky Marciano fate clic qui.

giovedì 10 dicembre 2015

10 dicembre, Giornata Mondiale dei Diritti Umani

«Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza», queste sono le prime righe della Dichiarazione universale dei Diritti Umani, approvata il 10 dicembre 1948. Proprio partendo da questa data l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite festeggia il 10 dicembre la Giornata Internazionale dei Diritti Umani.
Dal 1950 tutti gli Stati membri sono invitati alla celebrazione di questa giornata nei modi a loro più consoni. L’esempio più importante è quello della città di Oslo, che consegna in questa occasione il Premio Nobel per la Pace. Quest’anno il Premio è stato assegnato al Quartetto per il Dialogo Nazionale tunisino, formato da quattro organizzazioni della società civile: sindacato Ugtt, confederazione degli industriali Utica, lega dei diritti umani Ltdh e Ordine nazionale degli avvocati, ''per il suo contributo decisivo alla costruzione di una democrazia pluralista in Tunisia dopo la rivoluzione dei Gelsomini del 2011''.
In tutto il pianeta oggi prendono vita conferenze, mostre, eventi culturali e concerti.

Le Nazioni Unite fissarono nel 2006 come risultato raggiungibile l’“eradicazione della povertà”, ricollegandosi al diritto di benessere per tutta l’umanità. Nel 2008 il segretario generale dell’ONU ha lanciato una campagna commemorativa per ricordare il 50° anniversario della Dichiarazione universale dei Diritti Umani: il testo ha raggiunto il record mondiale per numero di traduzioni esistenti, più di 360. 

mercoledì 9 dicembre 2015

9 dicembre Giornata Internazionale per la Commemorazione e la Dignità delle vittime di Genocidio, e della prevenzione di questo crimine

“Il Genocidio rappresenta la cosa peggiore dell’umanità. Ricordare gli eventi del passato e rendere omaggio a coloro che sono morti dovrebbe rafforzare la nostra determinazione a impedire che tali eventi si ripetano” queste sono le parole di Adama Dieng Consigliere speciale delle Nazioni Unite sulla prevenzione del genocidio.
A settembre 2015, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha istituito il 9 dicembre come Giornata Internazionale per la Commemorazione e la dignità delle vittime di genocidio, e della prevenzione di questo crimine, facendo cadere la ricorrenza nell’anniversario dell’adozione della Convenzione sulla Prevenzione e Condanna del Crimine di Genocidio (La Convenzione sul Genocidio) del 1948.
Lo scopo della giornata è quello di aumentare la consapevolezza sulla Convenzione sul genocidio e sul suo compito di combattere e prevenire il crimine di genocidio, come definito nella Convenzione, e di commemorare e onorare le sue vittime. Con l’adozione della risoluzione, senza una votazione, l’Assemblea dei 193 membri, ha ribadito la responsabilità di ogni singolo Stato di proteggere la sua popolazione dal genocidio che implica la prevenzione del reato e l’istigazione ad esso. 


Tra i tanti genocidi che si sono compiuti solo nel Novecento ricordiamo quello più veloce della storia, avvenuto in Rwanda nell’aprile del 1994, raccontato con intensità e passione da Françoise Kankindi e Daniele Scaglione in RWANDA. LA CATTIVA MEMORIA e il genocidio di Srebrenica, a due passi da casa nostra, testimoniato magistralmente da Luca Leone e Riccardo Noury in SREBRENICA. LA GIUSTIZIA NEGATA.

venerdì 20 novembre 2015

Giornata Mondiale dei Diritti dell'Infanzia

Si festeggia oggi, in tutto il mondo, il ventiseiesimo compleanno della Giornata internazionale per i diritti dell’Infanzia e l’Adolescenza. La Giornata ricorda il 20 novembre del 1989, data in cui l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvò, a New York, la Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia.
La Convenzione è uno strumento normativo internazionale di promozione e tutela dei diritti dell'infanzia. Dei i 54 articoli da cui è composta ne spiccano alcuni a tematiche molto importanti, come quelle contro l’abuso e lo sfruttamento minorile. La Convenzione specifica quali siano gli obblighi degli Stati e della comunità internazionale nei confronti dell'infanzia e codifica e sviluppa in maniera significativa le norme internazionali applicabili ai bambini, indicando come tali ogni essere umano avente un'età inferiore ai 18 anni. La Convenzione è stata ratificata da tutti i Paesi del mondo, eccetto Somalia e Stati Uniti; l’Italia lo ha fatto nel 1991.
La Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia rappresenta uno strumento giuridico vincolante per gli Stati che la ratificano e un chiaro riferimento a tutti gli sforzi compiuti in cinquant'anni di difesa dei diritti dei bambini.


Festeggiamo insieme questa ricorrenza segnalando due libri su questa tematica, MISTER SEI MILIARDI, di Luca Leone e I DIRITTI DEI BAMBINI di Marco Scarpati.

domenica 8 novembre 2015

Auguri... Infiniti!

Oggi festeggiamo i primi undici anni di attività della casa editrice e ci piace ringraziare gli autori, gli amici e tutti i lettori che ci hanno fatto compagnia finora. Auguri a tutti, per molti molti altri undici anni...

venerdì 23 ottobre 2015

Parliamo di #Bosnia con il libro di Marco Travaglini

Infinito edizioni – nuovo in libreria


Di Marco Travaglini
Prefazione di Gianni Oliva - introduzione di Donatella Sasso

Due decenni fa finiva la guerra in Bosnia, lasciando cumuli di macerie e tanti, troppi morti. Questo ottimo reportage racconta la pace che ha fatto seguito a quella tragedia. Una pace imperfetta, fatta di prevaricazione e di giustizia negata, di dolore e di speranze strappate via dal disastro di una quotidianità spesso fatta di umiliazioni e privazioni. Ma narra anche la vicenda di tante persone e la storia di un innamoramento, quello dell’autore per la Bosnia, e di un profondo desiderio di capire non solo le ragioni del conflitto, ma anche la forza enorme che permette al popolo bosniaco di non scomparire sotto i colpi del destino.
“Marco Travaglini ha scritto un taccuino di viaggio pieno di partecipazione emotiva, attento a cogliere i luoghi, i personaggi, le storie individuali e collettive; ma ha anche scritto un libro pieno di spunti per riflettere sul presente, per comprendere che ogni crisi ha le sue specificità e, insieme, i suoi denominatori comuni. Un bel modo per fare ‘storia del passato’ facendo contemporaneamente ‘educazione al presente’”. (Gianni Oliva)

Questo libro costituisce “una narrazione unitaria in grado di raccordare il tempo di guerra con il presente, gettando semi di speranza e rinsaldando frammenti di memoria”. (Donatella Sasso)

lunedì 12 ottobre 2015

Quando i #migranti eravamo noi. Enzo Barnabà domani a Grasse, in Francia

Appuntamento in Provenza domani pomeriggio con Enzo Barnabà che a Grasse presenterà il libro AIGUES-MORTES, IL MASSACRO DEGLI ITALIANI, un libro molto importante per raccontare un episodio della storia italiana e francese, quando gli emigranti eravamo noi.
Vi aspettiamo alle 18,30 al Palazzo dei Congressi.

sabato 10 ottobre 2015

10 ottobre: Giornata mondiale contro la #penadimorte e di sensibilizzazione per la #salutementale

Il 10 ottobre è una data importante nell’elenco delle ricorrenze da celebrare, infatti in questo giorno cadono due eventi significativi.
Il primo è la Giornata Mondiale contro la pena di morte, che ha iniziato a essere celebrata nel 2003. L'evento venne promosso dalla Coalizione Mondiale Contro la Pena di Morte, che riunisce organizzazioni non governative internazionali, ordini degli avvocati, sindacati e governi locali di tutto il mondo.
Nel nostro Paese l’abolizione della pena di morte era stata prevista già nel 1889 durante il Regno d’Italia, ma la pena capitale fu poi reintrodotta sotto il regime fascista. L’ultima esecuzione avvenne nel 1947, e la pena di morte fu abolita dalla Costituzione nel 1948 e, soltanto nel 1994, anche dal codice militare. Il nostro Paese, comunque, non è il fanalino di coda in Europa: la Città del Vaticano la rimuove dalla Legge fondamentale soltanto nel 2001, mentre la Francia la abolisce nel 1981, ma la esclude esplicitamente dalla Costituzione nei primi mesi del 2007. Il motivo di tale intervento ha lo scopo di rendere più difficile un suo eventuale reinserimento nel codice penale: infatti il leader di estrema destra Jean Marie Le Pen aveva proposto di reintegrarla sia nel 1994, a seguito di gravi fatti di sangue e nel 2004 per gli atti terroristici.

Attualmente la pena capitale è ancora applicata in 68 Paesi al mondo: ci sono diverse associazioni che lottano contro l’abolizione totale, tra le prime Amnesty International, che ha patrocinato il lavoro (libro+dvd) di e con Marco Cortesi dal titolo L’Esecutore.

Il 10 ottobre si ricorda anche la Giornata mondiale per la salute mentale, appuntamento istituzionale globale attraverso il quale l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) intende sensibilizzare sui diritti, le cure, l’integrazione delle persone con disagi psichici.
Tema portante dell’edizione 2015 della giornata è Dignità di salute mentale: vivere con dignità, inclusione, lotta all’emarginazione, alla discriminazione.
Nel mondo attualmente migliaia di persone con problemi legati alla propria salute mentale vivono in condizioni di privazione, di stigmatizzazione e sono soggette ad abusi fisici ed emotivi. È su questi allarmi che si concentra quindi l’Oms invitando istituzioni e società a impegnarsi nel diritto e in politiche attive e che comportino rispetto e inclusione.

Su questo argomento segnaliamo la lettura dell’attualissimo libro di Angelo Lallo dal titolo Mala Dies. L'inferno degli ospedali psichiatrici giudiziari e delle istituzioni totali in Italia

venerdì 9 ottobre 2015

#DeutscheBank, allarme annunciato?

La notizia è di strettissima attualità. Il colosso bancario tedesco Deutsche Bank ha annunciato perdite nel terzo trimestre di quest’anno per 6,2 miliardi di euro con tanto di profit warning – l’allarme utili, l’avvertimento che le società lanciano agli investitori quando prevedono una futura diminuzione dei profitti – e probabile azzeramento del dividendo 2015. Tra le cause circa 6 miliardi di oneri  straordinari per adeguare i requisiti patrimoniali, svalutazioni della unità di investment banking e di alcune attività destinate alla dismissione, tra cui la banca retail Postbank. Da non dimenticare 1,2 miliardi di euro accantonati per fare fronte ai vari contenziosi in cui la banca risulta coinvolta, tra cui la manipolazione del tasso libor e del prezzo di alcuni metalli  preziosi.
Qualcuno inizia a fare sinistri paragoni con Lehman Brothers, qualcuno cerca di rassicurare, come l’agenzia di rating Moody’s che ha  promosso le banche tedesche con un report giudicando molto positiva l'introduzione delle norme sulla risoluzione bancaria.

Di certo prosegue il momento non positivo per l’economia tedesca, dopo i dati che confermano un rallentamento della produzione industriale e il caso Volkswagen che rischia di avere pesanti ripercussioni sull’intero mercato dell’auto.

Dubbi sulla solidità dell’istituto tedesco erano stati sollevati dagli autori del libro “Così banche e Finanza ci rovinano la vita” che segnalavano:

“Qualche dubbio emerge sui criteri adottati dall’Unione Europea per vigilare sul livello di solidità degli istituti bancari. Sembra infatti che l’attività di trading finanziario sia considerata meno rischiosa rispetto alla concessione di credito. Per questo motivo risultano essere più solidi istituti che all’interno dei propri bilanci detengono più strumenti finanziari  che crediti.
     Un esempio è quello di Deutsche Bank, che ha superato a pieni voti gli Stress Test di ottobre 2014. La banca tedesca detiene attività per 1.580 miliardi di euro e ha  un capitale proprio di 47 (meno del 3%), quindi dovrebbe essere considerata ad alto rischio.
     Il meccanismo di calcolo stabilisce invece che circa 1.200 miliardi di asset (tra cui derivati potenzialmente ad alto rischio) non costituiscono un pericolo, quindi possono essere sottratti dalle attività. In questo modo il rapporto tra attivo residuo (380 miliardi di euro) e capitale risulta ottimale (oltre il 12%).
     In una fase di mercato azionario in salita, istituti come Deutsche Bank, più propensi alla speculazione finanziaria che alla concessione del credito, vengono considerati sicuri. Se però il mercato dovesse avere una brusca inversione di tendenza, gli stessi  potrebbero costituire una seria minaccia, come già avvenuto in passato”.


La storia spesso si ripete e gli uomini non imparano dagli errori del passato. Ci auguriamo che si possa invertire la rotta, prima o poi.

Mondadori-Rcs, l'analisi di Odei

L'avvenuto acquisto della Rcs libri da parte del gruppo Mondadori è l’ultimo preoccupante segnale di quello che sta avvenendo all’interno del mercato editoriale italiano. Un soggetto (caso unico in Europa) capace di controllare poco meno del 40% del settore e che non ha di fronte in Italia alcun concorrente di pari dimensione, potrebbe di fatto orientare l’intero mercato. Con la nuova concentrazione vengono infatti drasticamente ridotte le possibilità di scelta degli autori e di conseguenza la loro forza contrattuale, nonché viene anche meno la possibilità di varietà di scelta dei lettori, valori insostituibili per una società libera e democratica. Ancora più allarmante potrà essere lo strapotere del nuovo soggetto nei confronti delle librerie, e in particolare delle librerie indipendenti, condannate di fatto ad accettare le scelte distributive del Megagruppo o, in alternativa, a essere condannate alla marginalità e probabilmente alla chiusura. L’entrata in scena di un attore che sovrasterà tutti gli altri non può, in definitiva, che tradursi in una riduzione della concorrenza, del mercato, del pluralismo editoriale e culturale.
Per tutto questo l’Odei, l’Osservatorio degli editori indipendenti, ritiene indispensabile una nuova legge sul libro che tuteli il pluralismo editoriale e incentivi in modo concreto la promozione della lettura. Denuncia le condizioni sempre più difficili in cui lavorano e operano piccoli e medi editori indipendenti, che svolgono tuttora un prezioso lavoro di ricerca ma le cui condizioni di sopravvivenza si fanno via via più difficili. E insieme ricorda il gravissimo calo degli indici di lettura in Italia. Invita il ministero della Cultura e l’Autorità per la Concorrenza a vigilare sugli effetti che la nuova concentrazione potrà produrre e a lavorare per garantire anche nel settore librario le possibilità di una effettiva concorrenza.

Odei (Osservatorio degli editori indipendenti)
info@odei.it

www.odei.it

venerdì 2 ottobre 2015

#alimentazione e #salute domani Giuseppe Coco a Fa' la cosa giusta

Una miscela di spezie, che renda profumati e saporiti i nostri piatti e ci aiuti a vivere meglio. Questo ci insegna domani Giuseppe Coco, autore di VEGAN LIBERI TUTTI, partecipando allo Show cooking di Fa' la cosa giusta. Vi aspettiamo a Bastia Umbria (Pg), area UmbriaFiere, alle 16,30!

giovedì 1 ottobre 2015

#quattrogiornate di #Napoli, un tuffo nella #storia

Le Quattro giornate di Napoli (27-30 settembre 1943) furono un episodio storico di insurrezione popolare avvenuto nel corso della seconda guerra mondiale tramite il quale, i civili, con l'apporto di militari fedeli al cosiddetto Regno del Sud, riuscirono a liberare la città partenopea dall'occupazione delle forze armate tedesche.
L'avvenimento, che valse alla città di Napoli il conferimento della medaglia d'oro al valor militare, consentì alle forze Alleate di trovare al loro arrivo, il 1º ottobre 1943, una città già libera dall'occupazione nazista, grazie al coraggio e all'eroismo dei suoi abitanti ormai esasperati ed allo stremo per i lunghi anni di guerra. Napoli fu la prima, tra le grandi città europee, ad insorgere con successo contro l'occupazione nazista.

Ripercorriamo insieme a Camillo Albanese, autore del libro dal titolo “Napoli e la seconda guerra mondiale” quei giorni tanto drammatici ed eroici.
Torniamo a Napoli. Il 20 settembre, all’altezza di Capri, si videro delle navi che sembravano far rotta verso Napoli; si ritenne che lo sbarco delle truppe anglo-americane fosse ormai imminente. Il comando germanico, in previsione dei combattimenti che si sarebbero avuti in seguito allo sbarco e per impedire che i napoletani potessero affiancare le truppe anglo-americane, ordinò l’evacuazione di tutta la fascia costiera da Punta della Campanella fin quasi a Sorrento. Immaginate a quanti altri disagi fu sottoposta la popolazione della zona costiera. Fiumane di persone furono fatte sloggiare dalle proprie abitazione e costrette a rifugiarsi nel retroterra senza sapere dove poter trascorrere la notte, dove e quando poter mangiare e bere; tutto questo accadeva mentre il colonnello Scholl, avendo constatato che il bando del 22 settembre (con il quale aveva ordinato il reclutamento di tutti i giovani) era stato disatteso, emanava un ultimatum tre giorni dopo. (…)
Nei giorni che seguirono si videro scene drammatiche, interi caseggiati circondati, uomini strappati dalle loro case, ammassati per strada sotto la minaccia dei mitra che ogni tanto facevano sentire la loro sinistra voce per aumentare il terrore e dissuadere i parenti ad avvicinarsi. L’intensificarsi dei rastrellamenti portò in quei giorni a razziare circa ottomila persone, buona parte delle quali furono mandate nel campo di concentramento di Capodimonte, altre consegnate agli uffici di polizia italiani perché venissero accompagnati ai centri di raccolta. Molti commissariati, invece di eseguire l’ordine, lasciarono liberi i malcapitati fornendo loro anche armi. (…)
All’alba del 28 la rivolta scoppiò quasi contemporaneamente in vari punti della città; la cosa sorprendente fu che non era stata organizzata, non c’era un piano strategico generale, una mente coordinatrice. Ciascun gruppo agiva all’interno del proprio quartiere e non era in contatto con altre formazioni. Ciò se da un lato poteva rappresentare un limite, dall’altro permetteva ai partigiani di muoversi con sicurezza tra le strade e le stradine della loro zona, di cui conoscevano i rifugi, i vicoli senza sbocco, i fondachi, i portichetti, quindi erano avvantaggiati rispetto al nemico.
Data questa situazione, si procedeva a compartimenti stagni ma non furono rari i casi in cui ci furono sconfinamenti nelle aree limitrofe quando ci si accorgeva che occorreva rinforzare le postazioni.
Da quanto è dato sapere, la scintilla scoppiò in un vicolo del quartiere Avvocata. Qui una pattuglia tedesca sfondò il portone di un calzaturificio per forniture militari e si dette a saccheggiarlo. Gli abitanti della zona, inferociti, cominciarono a sparare sui militari, che risposero al fuoco. A quel punto non si capì più nulla: si sparava da tutte le parti, dai portoni, dalle finestre, dai balconi, dagli angoli delle strade. Una giovane donna, Maddalena Cerasuolo, detta Lenuccia, fu l’eroina di quello scontro (fu poi insignita della medaglia di bronzo). La ragazza, senza preoccuparsi dei proiettili che le sibilavano intorno, correva avanti e indietro per rifornire di bombe a mano i combattenti.
Nella stessa ora l’insurrezione scoppiò nei quartieri più popolari di Napoli: il Vasto, la Sanità, la zona della Stazione e di seguito, a poca distanza di tempo, in piazza Cavour, via Duomo, corso Umberto, piazza Plebiscito, all’incrocio del Museo, là dove convergono quattro strade: via Salvator Rosa, vie Enrico Pessina, via Museo, via Santa Teresa. (…)
“Fu – secondo la testimonianza di Antonino Tarsia in Curia – una guerriglia accanita e spietata condotta con estrema violenza nella quale gruppi, gruppetti e persino individui isolati sostennero azioni cruente – determinate da contingenze di luogo e di tempo – le quali ebbero una continuità nel loro svolgimento dovuta, più di ogni altro, al frazionamento delle forze tedesche su tutto il territorio della città di Napoli”.
La sera del 28, Napoli si presentava come un campo battaglia. Il popolo, guidato soprattutto dall’odio verso i nazisti prodotto dalla sofferenza per le iniquità subite, ora li costringeva a ritirarsi. I successi degli scontri, nonostante i tanti morti e feriti, esaltarono ancor più gli animi, caricando di maggior foga le azioni guerresche. Si continuava a combattere in via Santa Teresa, dove all’altezza di Materdei furono erette barricate sia disselciando la strada sia rovesciando una vettura tranviaria; qui gli scontri durarono tutta la notte tra il 28 e il 29. Anche via Salvator Rosa fu sbarrata da imponenti barricate, che impedirono il transito ai carri armati nemici.


La mattina del 29 settembre la rivolta armata scoppiò in tutto il Vomero e nelle zone adiacenti e fu condotta con coraggio e determinazione. C’erano tedeschi asserragliati negli edifici di via Kerbaker, via Solimena, via Cimarosa, piazza Medaglie d’oro e nella palazzina del campo sportivo e si difendevano come potevano dagli assalti dei partigiani, mentre in piazza Vanvitelli, via Alvino, la Pigna, piazza Leonardo, Cappella dei Cangiani gli scontri avvennero in campo aperto.
Era l’alba e in via Kerbaker c’era un gruppo di nazifascisti che sparava da una finestra del quarto piano. I partigiani risposero al fuoco, erano allo scoperto, due furono gravemente feriti, se ne salvò solo uno. Quando fecero irruzione nell’appartamento, i nemici erano fuggiti per i tetti, lasciandosi dietro macchie di sangue e una vecchia in preda al terrore.
In via Solimena furono messi in fuga alcuni tedeschi che, con una mitragliatrice messa su un davanzale di un abbaino, sparavano all’impazzata. L’operazione costò la vita a un partigiano.
Due giovani militi fascisti che montavano la guardia alla sede del fascio, in via Cimarosa, furono disarmati e massacrati di botte.
Una postazione, annidata nel palazzo detto il Transatlantico, in piazza Medaglie d’oro, fu messa a tacere con un’abile azione.
Un intenso combattimento si svolse intorno al campo sportivo durante tutto il 29. Circa sessanta tedeschi, comandati dal maggiore Sakau, erano rinchiusi nelle due palazzine all’ingresso del campo; avevano 47 ostaggi e sparavano senza sosta contro i partigiani, che avevano preso posizione nei fabbricati di fronte. In rinforzo ai partigiani arrivò una camionetta guidata dal vigile del fuoco Mario Canessa, con a bordo una mitragliatrice. Il vicebrigadiere dei carabinieri Vincenzo Pace saltò sulla camionetta, mise in posizione l’arma e concentrò il fuoco verso il nemico. Pace, dopo poco, venne ferito e il suo posto fu subito preso da un altro. I combattimenti continuavano. Erano le 18,00 quando dall’ingresso del campo apparve il maggiore Sakau preceduto da una bandiera bianca e circondato da altri militari. I partigiani s’avvicinarono, uno di loro conosceva il tedesco. Il maggiore chiese di cessare il fuoco e di lasciar passare i suoi uomini, minacciando l’uccisione degli ostaggi. La controproposta dei partigiani fu: “O la resa o continuare a combattere”. Sakau scelse la seconda soluzione. La sparatoria continuò ancora per un’ora ma poi riapparve dal cancello del campo a bordo di una camionetta con bandiera bianca portata da un suo subalterno. Si riaprirono le trattative; il maggiore disse che per arrendersi occorreva l’ordine del comandante Scholl che risiedeva all’albergo Parco in corso Vittorio Emanuele, eletto a quartiere generale. Mentre si stava decidendo il da farsi, l’autista, pare preso dal panico alla vista di alcuni uomini armati fece esplodere una bomba a mano che mise fuori uso l’automezzo. Con un’altra macchina la delegazione tedesca, disarmata, venne portata in corso Vittorio. All’albergo Parco regnava il caos più totale, fervevano i preparativi per la fuga. In breve fu raggiunto l’accordo: i 47 ostaggi sarebbero stati liberati e i tedeschi sarebbero stati lasciati liberi di partire. Intorno alla mezzanotte rientrò al campo sportivo la delegazione, l’accordo fu mantenuto da tutte e due le parti e i tedeschi partirono su tre autocarri. Nella battaglia del campo sportivo persero la vita sette civili.
Piazza Vanvitelli divenne l’epicentro dei combattimenti. Quadrivio strategico per i belligeranti, lì si concentrarono i partigiani provenienti dalle strade circostanti. All’angolo di via Luca Giordano una mitragliatrice tedesca sputava fuoco a ripetizione, fermando l’assalto dei partigiani; uno di essi, uscito allo scoperto, si lanciò contro ma una raffica lo ferì mortalmente. Gli scontri continuavano. Dopo circa due ore di combattimenti, verso le 17,30 un fortissimo temporale sembrò placare gli animi: cessarono gli spari ma, finito il temporale, i tedeschi ripresero a scorrazzare nella zona e due autoblindo sparavano su ogni cosa si muovesse. I due mezzi furono fermati da bombe a mano lanciate dalle finestre.
Durante la notte i tedeschi a piedi o motorizzati gridavano: “Italiani non sparate”. Un grido esplicativo del loro stato d’animo.
Sempre il 29, intorno alle nove del mattino, i partigiani intercettarono una camionetta tedesca che rimorchiava un’automobile. Ordinarono l’alt ma la camionetta proseguì accelerando. Fu inseguita con un’altra vettura e, raggiunta, cominciò la sparatoria; i tedeschi rimasero feriti e furono fatti prigionieri.
In via delle Pigne i partigiani furono alle prese con delle mine, che se scoppiate avrebbero gravemente danneggiato i palazzi del circondario. Riuscirono a toglierle sotto il fuoco nemico e a buttarle in un pozzo adiacente. La sera, poi, vedendo passare un’autocolonna nemica, si predisposero per impedirne il transito. Forti di una mitragliatrice e con l’appoggio di altri gruppi di partigiani armati di mitra e bombe a mano, la partita si chiuse a vantaggio dei napoletani.
Il 29, a mattina inoltrata, gli scontri si fecero aspri in piazza Leonardo. I partigiani per impedire ai tedeschi, provenienti da piazza Medaglie d’oro, di raggiungere via Salvator Rosa, fortificarono la zona e appena videro passare il primo autocarro, armato di mitragliatrice, aprirono il fuoco costringendo gli occupanti a darsi alla fuga. Stessa sorte toccò a un altro automezzo che fu abbandonato, come il primo, nelle mani dei partigiani.
A Cappela dei Cangiani i tedeschi, per garantirsi il transito senza pericolo, dettero luogo a una perquisizione dei fabbricati e presero dodici ostaggi. Li trascinarono per strada e stavano per fucilarli quando un commando di partigiani intervenne a liberarli.
La sera del 29 settembre, mentre i partigiani del Vomero attendevano la delegazione tedesca con l’autorizzazione del colonnello Scholl a trattare la resa, si riunirono nei locali del liceo Sannazzaro per la formale costituzione di un comando dei partigiani. Per acclamazione fu nominato capo del comando Antonino Tarsia in Curia e alla formazione, priva di colore politico e avente solo scopo patriottico, fu dato il nome di Fronte unico rivoluzionario, con sede nel liceo. Si procedette a dare un minimo di organizzazione alla neonata compagine e a risolvere i problemi più urgenti. Tra questi, quello di fornire viveri ai partigiani, digiuni dal mattino. Fu composta una squadra per il reperimento di qualunque cosa fosse commestibile. Con le buone e con la forza si riuscì a racimolare razioni sufficienti per sfamare circa duecento persone.
Un altro reparto di partigiani fu incaricato di dare la caccia alle spie e ai gerarchi fascisti annidati nei vari appartamenti. Compito che fu assolto secondo le precise direttive di Tarsia.
Spuntava l’alba del 30 settembre, l’epopea delle Quattro Giornate stava per concludersi. Nel liceo Sannazzaro si decise di emanare un’ordinanza per dissuadere i male intenzionati ad azioni non in linea con i programmi del Fronte. Il proclama, a firma Tarsia, così recitava:

“Assumo temporaneamente i poteri civili e militari.
Ciascuno faccia scrupolosamente il suo dovere, la disciplina deve essere assoluta. Sono vietate tutte le manifestazioni che turbano l’ordine pubblico. I negozi debbono rimanere aperti: squadre d’azione rivoluzionaria sorveglieranno la disciplina e la vendita nei pubblici esercizi.
Napoli, 30 settembre 1943”.

Lo stesso giorno il tenente colonnello Felicetti si recò al comando del Fronte prospettando lo stato d’inedia della popolazione e la possibilità di rimediare con un carico di circa cento quintali di farina; per trasportarli, però, chiedeva due automezzi. L’ufficiale era conosciuto per la sua serietà ma, date le circostanze, la diffidenza non era troppa. Ebbe i suoi camion con la raccomandazione di portare a termine la missione, pena una severa punizione.
Cominciò il lungo viaggio dei due camion, che si manifestò pieno d’insidie e di pericoli. Giunti a un mulino che sorgeva ai margini del campo d’aviazione di Capodichino, entrarono da un portone laterale in maniera che i tedeschi, ancora sulle piste e negli hangar, non riuscissero a vederli. Mentre stavano ultimando il carico, tuttavia, s’accorsero che i militari stavano per intervenire. Solo la prontezza di spirito di Felicetti salvò il salvabile: lasciò il camion ancora non completo e partì con quello pieno attraverso strade impervie che solo lui conosceva. Fu un viaggio pericoloso perché dovette evitare tutte le zone dov’era prevedibile fare brutti incontri. Il viaggio durò dieci ore ma l’ufficiale italiano riuscì a portare a destinazione un camion di farina, che fu provvidenziale. I panettieri furono mobilitati e riuscirono a produrre pane per gli abitanti del Vomero in ragione di cento grammi a testa.
Nel pomeriggio del 30 settembre ci fu un tentativo da parte di un console fascista e dei suoi uomini di assaltare la sede del Fronte unico rivoluzionario. I partigiani, preventivamente avvisati del blitz, predisposero le forze in modo tale che quando arrivarono i fascisti ebbero un’accoglienza talmente rumorosa che se la dettero a gambe disperdendosi senza lasciare traccia.
Il tramonto aveva concluso il suo breve ciclo e la sera declinava verso il desiderio della notte. La città, stanca, sembrava sonnolenta. I partigiani avevano disposto le ronde in luoghi strategici. Le sparatorie dei giorni e delle ore precedenti erano cessate; solo qua e là qualche colpo isolato, ultimo rantolo d’una battaglia morente.
In lontananza si sentiva il tuono dei cannoni. Lo scontro era adesso tra l’armata tedesca in ritirata e quella anglo-americana che avanzava. Anche le navi da guerra americane e inglesi contribuivano a quel fragore rassicurante. In cielo i proiettili traccianti, i razzi illuminanti, lo scoppio di granate offrivano uno spettacolo che si sarebbe potuto definire piacevole se non avesse nascosto distruzione e morte. Con questa scena calava il sipario sulle Quattro Giornate di Napoli, 76 ore di combattimenti, dal mattino del 28 settembre all’alba del primo ottobre, che costarono la vita a 178 partigiani e il ferimento di 162».


In libreria: "Il barbiere zoppo" di Gino Marchitelli

Infinito edizioni – nuovo in libreria


Di Gino Marchitelli
Prefazione di Daniele Biacchessi, introduzione di Lidia Menapace
Presentazione di Nicoletta Dosio


Marche, 1969. Una ragazza intraprende un misterioso viaggio alla ricerca delle sue radici, durante il quale scopre, attraverso gli affetti ritrovati, i valori della Libertà, della Resistenza, della lotta contro il nazifascismo ed entra in contatto con i movimenti pacifisti, politici e sociali del 1968-69. L’incontro con il nonno ritrovato, Aurelio, mette Lidia, la giovane, di fronte all’orrore dei campi di sterminio nazisti e ai rigurgiti di un nazifascismo con cui l’Italia non ha mai voluto fare i conti. Tratto dall’incrociarsi di più storie vere, questo libro racconta due generazioni in lotta: quella dei giovani partigiani del 1943-45 e quella dei movimenti giovanili sessantottini. Una storia italiana lunga un trentennio scritta con tratto magistrale.
Questo libro è “lo scatto fotografico di un Paese che non ha memoria e che non riesce a costruire un futuro”. (Daniele Biacchessi)
Con Marchitelli “il passato ridiventa vivo e quotidiano; non solo doverosa memoria, ma bussola per il presente e per il futuro”. (Nicoletta Dosio)

“Se vorrete conoscere la Resistenza e una scrittura che non la tradisce narrandola, e se la volete proporre ad altri, questo è il libro che vi serve”. (Lidia Menapace)

mercoledì 23 settembre 2015

Daniele Zanon in libreria con "Nina nella Grande Guerra"

Infinito edizioni – nuovo in libreria
Nina nella Grande Guerra
(€ 14 – pag. 192)

di Daniele Zanon
prefazione di Vasco Mirandola
introduzione di Valerio Curcio
postfazione di Dario Ricci

La battaglia più conosciuta della prima guerra mondiale:
retroscena e fatti mai raccontati

Che cosa è successo esattamente a Caporetto, il 24 ottobre 1917? Quel che si dice è che l’esercito italiano, impreparato a una guerra difensiva e duramente provato dalle precedenti undici battaglie dell’Isonzo, non resse lo sfondamento austriaco. E fu la disfatta.
In realtà, alcuni giorni prima di quel fatidico disastro uno o più disertori dell’esercito austriaco fornirono i dettagli del piano d’attacco austriaco allo stato maggiore italiano. Ma quelle informazioni non furono prese in considerazione dal generale Luigi Cadorna e dagli altri ufficiali italiani. Parte di quel che accadde dalle 2,00 della notte del 24 ottobre 1917 è ancora oggi avvolto nel mistero. Lì però c’erano dei testimoni. Tra cui Nina, una ragazzina di 17 anni. Che racconta la sua versione in un libro che non è semplicemente un romanzo, ma è un pezzo fondamentale della storia d’Italia.

“Un manifesto pacifista consigliato dai dodici ai novant’anni”. (Vasco Mirandola)
“Questo libro è un thriller caleidoscopico sospeso tra storia e memoria”. (Dario Ricci)

martedì 22 settembre 2015

In libreria: "Il principe Anselmo" il nuovo libro di Palma Lavecchia

Infinito edizioni – nuovo in libreria

Di Palma Lavecchia
Introduzione di Gianpiero Borgia

Vizi e rare virtù di una cittadina dell’Italia centro-meridionale in questo nuovo lavoro dell’autrice di “Mi chiamo Beba”. La piazza, un enigmatico clochard, storie di tradimenti consumati e da consumare e di pane sfornato prima che sorga il sole danno vita a un romanzo corale che sa di mito e di vita vissuta, di mare e di perdizione. Leggere il nuovo lavoro del Capitano Palma Lavecchia è come immergersi in un racconto pirandelliano, in cui prendono vita attraverso suggestive narrazioni le storie dalle sfumature straordinariamente erotiche di un tempo passato, in cui nascevano figli degli stupri di guerra consumati dalle compagnie marocchine agli ordini degli Alleati, ma in cui la gente ancora scendeva in piazza, alla sera, con una sedia, per incontrare gli altri.

“Palma Lavecchia narra, da inguaribile romantica, le vicende di un’umanità miserabile, facendo emergere a tratti uno sguardo straordinariamente erotico. È come se ‘Umiliati e offesi’, oppure ‘Povera gente’, fossero stati scritti da Jane Austen e riadattati da D. H. Lawrence”. (Gianpiero Borgia)

venerdì 18 settembre 2015

Professionisti della truffa, i consigli degli autori di “Così banche e finanza ci rovinano la vita”

In questi giorni i giornali riportano la notizia di un promotore finanziario che ha perso al casinò circa 9 milioni di euro dei propri clienti.
Se il tema non fosse così delicato, verrebbe spontanea una battuta: “Che c’è di strano? In fondo la finanza di oggi è un enorme casinò!” Purtroppo l’episodio non è stato e non sarà l’unico. Giocati al casinò o intascati dal promotore poco cambia, sempre di truffa si tratta.

Nel libro “Così banche e finanze ci rovinano la vita” Massimo Guerrieri, Paolo Giovanardi e Antonello Cattani, (ex bancari “pentiti” ora consulenti finanziari indipendenti a Reggio Emilia) dedicano un intero capitolo al tema della truffa, partendo come sempre dalla storia. Forse non tutti sanno che uno dei primi casi risale al 1800. Un certo Gregor Mc Gregor, ex ufficiale della Royal Navy riuscì a vendere a ignari acquirenti territori di uno Stato inesistente: la Repubblica di Poyais, situata nell’America Centrale. “Altri tempi… Oggi non sarebbe possibile”, si potrebbe obiettare. La storia recente, da Bernard Madoff a Gianfranco Lande dimostra invece il contrario. Il rapporto della Guardia di Finanza del 2014 parla di truffe per oltre 400 milioni di euro ai danni dei risparmiatori. Questi ultimi, come nel caso di questi giorni, non sono solo ignare vecchiette, ma anche imprenditori, notai, commercialisti e avvocati.

L’episodio pone due riflessioni. La prima riguarda la fiducia incondizionata che spesso si nutre nei confronti delle persone alle quali si affida materialmente il denaro, fuori dai locali della banca. Le cronache di questi giorni parlano di assegni intestati a persone fisiche, rivelatisi poi dipendenti del casinò (!) o a ad acronimi riconducibili al casinò frequentato dal promotore. La seconda riflessione riguarda i guadagni promessi ai clienti. In tutti i casi di truffa questa è una costante: gli elevati guadagni prospettati trasformano gli occhi degli investitori nel simbolo del dollaro, come accade a zio Paperone, nelle storie di Topolino, e ne accecano la visuale... Diffidare sempre da chi promette facili e ingenti guadagni, soprattutto in questo periodo.


Come difendersi dalle truffe? In “Così banche e finanza ci rovinano la vita” vengono elencati diversi accorgimenti, non solo contro le truffe, ma anche contro la sottoscrizione di prodotti che spesso si rivelano vantaggiosi solo per chi li colloca. Due esempi: leggere i prospetti informativi prima di sottoscrivere qualsiasi investimento, facendosi aiutare da qualcuno esperto e non in conflitto di interessi. Per trasferire somme da una banca all’altra, è meglio evitare, in generale, di consegnare assegni al promotore, che potrebbe manometterli.  È preferibile aprire di persona un conto presso la nuova banca ed effettuare un giroconto a se stessi, dopo avere riscontrato la corretta intestazione del conto corrente.

venerdì 11 settembre 2015

Proteggere i #risparmi evitando le #bollespeculative, i consigli degli autori di “Così banche e finanza ci rovinano la vita”

In un recente sondaggio, apparso sul Sole24Ore, il 32% degli intervistati dichiara di non sapere cosa sia una “bolla speculativa”. La percentuale sale al 37% nella fascia di età compresa tra 35 e 54 anni. Nello stesso sondaggio l’82% degli intervistati definisce il proprio livello di conoscenza finanziaria tra sufficiente e scarso. In questo scenario non deve stupire il comportamento della maggioranza degli investitori nei periodi di turbolenza: è difficile difendersi da qualcosa che non si conosce.

Non è raro osservare come i risparmiatori riversino le loro risorse su strumenti rischiosi di tipo azionario al crescere dei listini, comprando così a prezzi sempre più alti, e vogliano ritirare i loro risparmi nelle fasi di calo, vendendo quando i prezzi crollano.

La “bolla speculativa” è un fenomeno che si sviluppa sui mercati in tempi rapidi, caratterizzato dalla crescita molto elevata del prezzo o del valore di alcuni beni, servizi o prodotti finanziari, e da una domanda crescente e inaspettata nel tempo, che non corrisponde a una tangibile ragione economica. 
Una connotazione tipica di questo fenomeno è che a fine ciclo solitamente interviene un forte movimento contrario di ridimensionamento del mercato, che fa tornare precipitosamente indietro le quotazioni oggetto della speculazione: questa fase è nota come scoppio della bolla speculativa. 
L’immagine è quella di un locale affollato dove scoppia un incendio e tutti vogliono uscire insieme dall’unica uscita di sicurezza. Qualcuno si salverà ma molti resteranno intrappolati e perderanno la vita, nel caso dei risparmiatori i loro soldi.

Ultimamente i mercati finanziari sono come dei locali molto affollati. Sono pieni di piccoli investitori che, nella ricerca di rendimento in un’epoca di tassi pari a zero, dimenticano il proprio profilo di rischio e si avventurano su prodotti finanziari che nell’82% dei casi dimostrano di non conoscere. Rimanendo nella metafora: è come se entrassero in un locale sconosciuto senza verificare le norme di sicurezza. Se scoppiasse un incendio come farebbero a trovare la via di uscita?

Nel libro Così banche e finanza ci rovinano la vita gli autori Massimo Guerrieri, Paolo Giovanardi e Antonello Cattani – ex bancari “pentiti” ora consulenti finanziari indipendenti – aiutano il risparmiatore a conoscere i pericoli dei mercati finanziari. Forniscono, in maniera chiara, le “istruzioni di sicurezza e le vie di fuga” del locale sconosciuto.


Le regole da seguire sono semplici, quella fondamentale è che quando si affronta un investimento non bisogna partire dal rendimento, ma dal rischio, dalla perdita potenziale che esso può procurare. Spesso la trattativa per investire i risparmi di una vita si riduce alla frase “Quanto si prende?”. È su questo che fanno leva banche e intermediari finanziari, talvolta basandosi su rendimenti passati difficilmente replicabili. Partire da quanto si è disposti a perdere, quantificando esattamente la cifra, è la prima regola per evitare sorprese e raggiungere la serenità finanziaria. Non è un processo facile – chi colloca prodotti non sempre si cura di avvisare il risparmiatore – e necessita, almeno inizialmente, dell’aiuto di un esperto non in conflitto di interessi. 

mercoledì 9 settembre 2015

#Nutrire meglio noi stessi e il #pianeta: “Vegan liberi tutti” – VeganFest, Bologna 13 settembre

Soddisfare la fame è uno dei bisogni primari dell’uomo e scegliere di mangiare in maniera consapevole e non dannosa per gli animali o l’ambiente è un passo successivo che richiede maturazione e consapevolezza. Da qui la scelta di un’alimentazione rispettosa verso gli animali e le risorse della Terra. Non deve essere solo una moda: sposare lo stile vegan rappresenta una scelta etica ed evolutiva oltre che l’unica opzione per far sopravvivere il pianeta, ridurre la disparità sociale ed evitare lo sfruttamento e la morte di esseri senzienti quali sono gli animali.
Giuseppe Coco, fisioterapista esperto di alimentazione naturale, in Vegan liberi tutti ci spiega le ragioni della scelta vegan e, allo stesso tempo, ci fornisce una raccolta di consigli alimentari che fanno venire l’acquolina in bocca.
L’occasione per sperimentare dal vivo queste ricette buone e giuste sarà domenica 13 settembre al VeganFest, che si tiene a Bologna nell’area BolognaFiere, dalle 13,45.

“Il veganismo non è una dieta. Non è un regime alimentare restrittivo. È una visione diversa della vita, a tutto tondo”. (Stefano Momentè)

martedì 8 settembre 2015

Un altro 11 settembre: “Nola, cronaca dall’eccidio”

Nola, 11 settembre 1943. Pochi giorni dopo l’armistizio i ruoli si capovolgono e gli alleati diventano nemici. Incomprensioni, insurrezioni popolari. Tra i tedeschi perde la vita un ufficiale, tra gli italiani un tenente interprete e un civile, ma non basta. L’esercito del Führer, in una babele di urla e parole, inganna una guarnigione italiana: dieci ufficiali sono contro il muro, in Piazza d’Armi, in attesa di “quanto strettamente e scientificamente necessario per trasformare la vita in morte e, ai sopravvissuti, cambiare per sempre l’esistenza”. Quei drammatici giorni sono raccontati in Nola, cronaca dall’eccidio, di Alberto Liguoro.
L’autore è uno dei sopravvissuti, anche se non fisicamente presente: un figlio che non conoscerà mai il padre, Alberto Pesce, Eroe della Patria, caduto nell’eccidio di Nola.
Attraverso la narrazione, che è veleno e medicina allo stesso tempo, l’autore colma le lacune della sua esistenza e della nostra, perché non sia dimenticata una pagina della Grande Storia.

I pensieri e le parole, i sorrisi e le paure, le passioni e le amarezze, le speranze e le illusioni: le storie dei primi undici soldati italiani vittime non della guerra ma dell’armistizio per aver difeso la propria dignità e, insieme, quella di un’Italia che forse non lo meritava davvero, ci conducono per mano in questo libro di Alberto Liguoro” (Roberto Ormanni)

lunedì 7 settembre 2015

Incontro con Alberto Bertoli e Gabriele Maestri

Non perdete l'incontro, questa sera, con Alberto Bertoli, che si è raccontato a Gabriele Maestri nel libro dal titolo COME UN UOMO. Il percorso umano e professionale di un figlio d'arte con una forte identità, che mira a vivere Come un uomo. Vi aspettiamo a FIORANO MODENESE (MO), presso il Caffè del Teatro, piazza Ciro Menotti, alle 21,15. Dialoga con gli autori Simone Ghiaroni.

giovedì 3 settembre 2015

Un’insegnante speciale racconta i suoi “Ragazzi con la bandana”

Una #classe senza banchi, una #professoressa senza registro: non è la #scuola della riforma Renzi che inizierà a muovere i primi passi tra pochi giorni, ma la scuola unica e speciale della professoressa Daniela, che ha come allievi le ragazze e i ragazzi del reparto di Oncologia del Policlinico Gemelli di Roma, i Ragazzi con la bandana. Sono ragazzi speciali, con una grinta e una determinazione d’acciaio, che non smettono mai di sorridere e considerano lo studio e i compiti come un momento speciale nelle lunghe giornate in ospedale. E la forza di queste ragazze e ragazzi si trasmette a Daniela, che resiste, e anno dopo anno rimane vicino a loro, per lottare, giorno per giorno.
Ragazzi con la bandana è il diario di un’insegnante speciale ed è un libro legato a “La Casa a Colori”, un importante progetto di solidarietà di A.G.O.P. onlus, l’Associazione dei Genitori di Oncologia Pediatrica, che vuole costruire un luogo per accogliere e prendersi cura dei ragazzi e delle loro famiglie, molte volte lontani da casa.

Gli autori
Daniela Di Fiore, giornalista pubblicista, per dieci anni ha lavorato prima in alcuni quotidiani (Roma, Giornale di Napoli) e poi come addetto stampa di un senatore della Repubblica. Dal Duemila è insegnante di lettere per le scuole superiori e dal 2010 è una delle insegnanti della sezione ospedaliera del Policlinico Gemelli, dell’Itc Piero Calamandrei di Roma.

Roberto Ormanni, giornalista, direttore del settimanale Il Parlamentare.it e di Golem informazione, dal 1986 a oggi ha lavorato per diverse testate, è stato direttore del settimanale giuridico Diritto e Giustizia, è autore di un musical teatrale (Due Carissimi Nemici), ha collaborato alle trasmissioni Quelli della Notte e Indietro Tutta di Renzo Arbore, alle sceneggiature della serie a cartoni animati Ulisse – Il mio nome è Nessuno, prodotta da RaiDue. Ha pubblicato il saggio Napoli nel cinema (Newton Compton) e il saggio Cartoon non vuol dire cartone (Tempolungo).

lunedì 31 agosto 2015

I fatti di Aigues-Mortes in un'intervista di Radio Colonia a Enzo Barnabà

Aigues-Mortes, Francia del Sud, 17 agosto 1893. La folla inferocita, aizzata ad arte, attacca gli italiani recatisi a svolgere l’infame lavoro estivo nelle locali saline. Dieci operai italiani vengono linciati, centinaia di altri si salvano per miracolo. Episodi di razzismo che ci colpivano quando i migranti eravamo noi. Enzo Barnabà ricostruisce i fatti di quei giorni in AIGUES-MORTES, IL MASSACRO DEGLI ITALIANI e ne parla su Radio Colonia, in un'intervista che potete ascoltare a questo link.

venerdì 28 agosto 2015

2 settembre 1945: la resa formale del Giappone segna la fine della seconda guerra mondiale - libri in promozione

Tra pochi giorni, il 2 settembre, ricorrerà  il 70° anniversario della fine della seconda guerra mondiale, ricordando la resa formale dell’impero giapponese. Il conflitto, iniziato il 1° settembre del 1939 con l’attacco da parte della Germania nazista di Hitler ai danni della Polonia, costò circa 60 milioni di morti e si sviluppò su differenti fronti: quello europeo, dalla Gran Bretagna alla Russia, il fronte nordafricano e quello del Pacifico con Stati Uniti e Giappone contrapposti. In Europa si considera terminato il conflitto dopo la battaglia di Berlino e la caduta del Terzo Reich con la resa tedesca l’8 maggio del 1945. Sul fronte del Pacifico le ostilità continuarono ancora per qualche mese e il Giappone fu piegato solo dopo i terribili e devastanti bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki del 6 e 9 agosto 1945.
Per non dimenticare, segnaliamo dalla nostra produzione alcuni testi fondamentali per capire quegli anni e come ci precipitò nel baratro più profondo:
  • Le donne della Resistenza, in cui l’autrice ripercorre i giorni della Resistenza attraverso un percorso di memoria dalle partigiane alle loro figlie e figli.
  • Napoli e la seconda guerra mondiale racconta dall’interno i giorni della liberazione di Napoli e il pesantissimo dopoguerra sotto l’occupazione americana e alleata.
  • Il bosco dopo il mare ripercorre la vicenda dei partigiani italiani durante il conflitto in Jugoslavia.
  • In Ribelli!, un cofanetto libro+dvd, sono raccolte testimonianze delle ultime partigiane e partigiani ancora vivi che motivano la loro scelta di vita e libertà.
  • Il Partigiano di piazza dei Martiri ripercorre la storia di un giovane siciliano che disertò dall’esercito monarchico per unirsi ai partigiani in Veneto, dove trovò la morte.
  • In bicicletta lungo la Linea Gotica è un modo originale e intelligente per camminare tra boschi e sentieri dove sono avvenute battaglie e scontri, alle volte fratricidi, ricordando la Storia.
  • 1926-1939, l’Italia affonda ci porta a conoscere il mondo dell’antifascismo a Roma e nei Castelli Romani.
  • Nola, cronaca dall’eccidio è ambientato dopo l’armistizio del settembre 1943 e descrive, attraverso la vicenda di una giovane coppia, una rappresaglia tedesca ai danni di un gruppo di ufficiali italiani.
  • Il barbiere zoppo, in anteprima solo sul nostro sito, ci fa rivivere dei momenti della seconda guerra mondiale e della Resistenza attraverso un percorso di ricerca delle proprie origini intrapreso da una giovane a fine Anni ’60.