– … Mi dica…
– … Beh, che vuole
che le dica… lo saprà anche lei… di sicuro meglio di me… la guerra non ha
risparmiato chi è rimasto…
– Lo immagino…
– Lei non era qui,
durante la guerra…? Che so, nel 1992… nel 1993…
– Studiavo negli
Stati Uniti. Ma vi seguivo sempre in tv… e qui avevo amici, i miei genitori…
almeno all’inizio… sono stato fortunato, che le posso dire…?
– … Fortunato… è
vero… ah, Dio solo sa se anche noi avremmo voluto andare via…! Ma non avevamo
i soldi…
– Capisco…
– …
Eravamo prigioniere qui, nel gigantesco zoo che Sarajevo era diventata…
prigioniere con altre trecentomila persone, tutti in gabbia!
– Capisco…
– No, non credo che
lei possa capire… con tutto il rispetto… ma vede, per tornare alla mia Azra…
– Sì…
– … Mia sorella è una
delle tante che ha pagato due volte il prezzo salato della guerra, dottore.
– Cioè?
– Negli Stati Uniti
non vi spiegavano che qui in Bosnia Erzegovina le donne subivano l’umiliazione
dello stupro etnico?
– No… in effetti no…
o comunque non l’ho afferrato, non allora, almeno… mi occupavo d’altro… l’ho
scoperto rientrando, tornando a casa…
– Cinquantamila di
noi, si dice. Cinquantamila di noi sono state violentate perché di un’altra
religione, perché figlie di un altro gruppo nazionale, perché figlie di
musulmani, come nel nostro caso, improvvisamente diventati nemici di serbi o di
cattolici con cui avevamo giocato o studiato e convissuto fino a pochi giorni
prima. Perché lei, che è medico… perché lei queste cose non le sa…?
– No
no, non ho detto questo… ora le so, oggi le conosco… ma allora… beh, io…