“L’indicatore
ideologico è proteso verso la creazione di un’identità nazionale legata,
individuo per individuo, dal collante psicologico della paura e dell’angoscia
(personale e collettiva) per preservare una nazione votata alla sparizione
economica, etnica e culturale. Gli strumenti usati sono stati molteplici,
principalmente facendo leva sulle corde emotive legate alla paura nei confronti
dell’altro, ribadendo che il popolo serbo era psicologicamente e geneticamente
superiore alle sottorazze croate e bosniache, considerate alla stregua di
animali. È stato immesso nel corpo sociale il virus della tensione psicologica,
proponendo eventi negativi del passato (la storia di massacri contro il popolo
serbo) come se fossero attuali, utilizzando la narrazione storica coniugata al
presente, costruendo artificiosamente l’alibi per distruggere il nemico, non
importa se il vicino di casa, l’amico o uno stesso familiare. Eliminare “l’altro”
non era che una forma di difesa personale, e quindi lo stupro etnico è
diventato una “necessaria” purificazione genetica. In questo solco il genocidio
di Srebrenica, tra le altre cose, è stato un rito dimostrativo dell’inutilità
del maschio musulmano, un tassello verso la purificazione etnica, atto
indispensabile in prospettiva della distruzione di un popolo. L’abilità è stata
quella di legare le teorie psicologiche al tessuto nazionale serbo, utilizzando
paradigmi sociali, storici,
culturali
e spirituali già esistenti per creare una “bolla collettiva di paura” che ha
prodotto un fenomeno peculiare di queste terre per il quale potremmo coniare il
termine di psiconazionalismo,
un
concetto che non si trova in un dizionario.”