Omicidio Politkovskaja.
Cinque condanne.
Ma il mandante?
Noi abitanti del Belpaese dovremmo esserci abituati: una condanna all'italiana, dove vengono processati e incarcerati i corrotti, ma non il corruttore.
Stiamo parlando dell'efferato omicidio della giornalista Anna Politkoskaja, avvenuto il 7 ottobre del 2006, lo stesso gionro del 54° compleanno di Vladimir Putin, l'uomo contro il quale la reporter si era contrapposta fortemente, schierandosi dalla parte dei diritti umani e contro i crimini russi in Cecenia.
Dopo otto anni la giustizia dovrebbe aver fatto il suo corso: ieri sera il tribunale di Mosca ha condannato all'ergastolo all’ergastolo il presunto killer, Rustam Makhmudov, e suo zio
Lom-Ali Gaitukayev, considerato l’organizzatore dell’omicidio. Carcere per un
periodo variabile da dodici e quattordici anni per i pedinatori della
giornalista, Ibragim e Dzhabrai Makhmudov, fratelli di Rustam, e di vent’anni per
Sergei Khadzhikurbanov, che partecipò alla preparazione dell’agguato.
E il mandante, dov'è? L'indignazione dei figli è comprensibile: la loro madre è stata ferocemente assassinata da quattro colpi di pistola, in un ascensore. Come possono darsi pace? E la libertà di stampa in Russia esiste oppure ogni giornalista che si voglia opporre contro i "potenti" rischia anche oggi la sua vita?
Secondo Riccardo Noury,
portavoce italiano di Amnesty
International, “con la condanna dei cinque accusati è stata fatta solo
giustizia a metà. Il processo ha lasciato troppe domande insolute e non vi sarà
piena giustizia fino a quando non saranno identificati e portati in tribunale
coloro che ordinarono la morte di Anna. E
fino a quel momento, tutti i giornalisti e gli attivisti che operano in Russia
continueranno a rischiare la vita. Lo spazio per la libertà d'espressione, di
manifestazione e d’informazione in quel Paese è sempre più limitato”.
Il nostro scrittore esperto di Russia Massimo Ceresa, che ha pubblicato per Infinito edizioni Dania e la neve (2009) e Sopravvivere nella Russia di Stalin e di Putin (2013) aggiunge: “Forse
si dovrebbe scavare più a fondo negli ambienti della malavita cecena e dei suoi
intimi rapporti con l’FSB, ma purtroppo uno degli anelli essenziali di questa
catena è stato anch’esso spezzato: si tratta del boss della banda Lozanskaja
Movladi Atlangeriev, ucciso nel 2008 in Cecenia dopo essere stato rapito in
pieno centro a Mosca, perché – pare – caduto in disgrazia presso la corte di
Kadyrov figlio. D’altra parte, sarebbe interessante
seguire la scia di sangue lasciata dall’attuale presidente della Federazione
russa, già a partire dalla sua prima elezione (a tal proposito, consiglio la
lettura della biografia non autorizzata di Masha Gessen). Ma ancora più
doveroso sarebbe indagare sulle modalità del primo tentativo di assassinio
della Politkovskaja avvenuto mentre si stava recando in Ossezia settentrionale,
durante la famigerata presa in ostaggio della Scuola n. 1 a Beslan nel
settembre del 2004…”.
Stay tuned
-Infinito edizioni-