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domenica 3 luglio 2016

3 luglio 1991, la guerra in Slovenia

3 luglio – Un grosso convoglio della Jna si mette in marcia da Belgrado, apparentemente verso la Slovenia. Non vi arrivò mai, secondo fonti ufficiali a causa di problemi meccanici. I combattimenti continuano in Slovenia, mentre una forza di soccorso della Jna, diretta al punto di confine con l’Au­stria di Gornja Radgona, è bloccata vicino a Radenci. In serata la Jna si ac­corda per un vero cessate-il-fuoco e il ritiro verso le proprie caserme. Il gene­rale Adžić in un proclama televisivo tuona contro i nemici della Jugoslavia, contro i traditori che sono nelle stesse “nostre fila”, contro chi “non capisce che siamo in guerra con gente che odia la Jugoslavia, mentre noi la amiamo” e ribadisce che intende dare un colpo decisivo alla Milizia territoriale slovena.
Respinta dall’Armata federale la mediazione di Mesić, che è anche capo del­le forze armate. È in corso un vero e proprio braccio di ferro col capo di Stato maggiore Adžić, che fa affluire verso la Slovenia nuove truppe e altri tank: in tutto sono mobilitati 500 carri armati sui circa 2.000 in possesso della Jna, ma la maggior parte rimane in Croazia e Bosnia. Una colonna di carri, uscendo dalla caserma Tito di Zagabria, travolge manifestanti croati, provocando alcu­ni morti. A Osijek, in Slavonia, i tank schiacciano decine di auto nelle vie del centro, dimostrando una brutalità gratuita che suscita forti proteste.
L’incertezza regna sovrana con notizie confuse e contraddittorie. Il generale Adžić rincara le minacce, accusando gli sloveni di essere “ipocriti e senza scrupoli” e di avvalersi della complicità dell’Austria per il controllo delle frontiere, ma ormai è più patetico che minaccioso, tanto che l’Armata federale in serata fa rientrare parte dei cingolati. La tregua regge a partire dalle 21,00.

I rappresentanti vaticani presso la Csce dichiarano, a proposito dell’unità della Jugoslavia, che tale unità dipende dall’adesione a valori comuni, men­tre va esclusa un’unità che non fosse altro che il risultato dell’azione delle forze armate: “Non è possibile e non si devono pertanto soffocare i diritti e le legittime aspirazioni dei popoli”.