3 luglio – Un grosso convoglio della Jna si mette in marcia da Belgrado,
apparentemente verso la Slovenia. Non vi arrivò mai, secondo fonti ufficiali a
causa di problemi meccanici. I combattimenti continuano in Slovenia, mentre una
forza di soccorso della Jna, diretta al punto di confine con l’Austria di
Gornja Radgona, è bloccata vicino a Radenci. In serata la Jna si accorda per
un vero cessate-il-fuoco e il ritiro verso le proprie caserme. Il generale
Adžić in un proclama televisivo tuona contro i nemici della Jugoslavia, contro
i traditori che sono nelle stesse “nostre fila”, contro chi “non
capisce che siamo in guerra con gente che odia la Jugoslavia, mentre noi la
amiamo” e ribadisce che intende dare un colpo decisivo alla Milizia
territoriale slovena.
Respinta dall’Armata federale la mediazione di Mesić, che è anche
capo delle forze armate. È in corso un vero e proprio braccio di ferro col
capo di Stato maggiore Adžić, che fa affluire verso la Slovenia nuove truppe e
altri tank: in tutto sono mobilitati 500 carri armati sui circa 2.000 in
possesso della Jna, ma la maggior parte rimane in Croazia e Bosnia. Una colonna
di carri, uscendo dalla caserma Tito di Zagabria, travolge manifestanti
croati, provocando alcuni morti. A Osijek, in Slavonia, i tank schiacciano
decine di auto nelle vie del centro, dimostrando una brutalità gratuita che
suscita forti proteste.
L’incertezza regna sovrana con notizie confuse e contraddittorie.
Il generale Adžić rincara le minacce, accusando gli sloveni di essere “ipocriti
e senza scrupoli” e di avvalersi della complicità dell’Austria per il
controllo delle frontiere, ma ormai è più patetico che minaccioso, tanto che
l’Armata federale in serata fa rientrare parte dei cingolati. La tregua regge a
partire dalle 21,00.
I rappresentanti vaticani presso la Csce dichiarano, a proposito
dell’unità della Jugoslavia, che tale unità dipende dall’adesione a valori
comuni, mentre va esclusa un’unità che non fosse altro che il risultato
dell’azione delle forze armate: “Non è possibile e non si devono pertanto
soffocare i diritti e le legittime aspirazioni dei popoli”.