Oggi, 2 novembre, viene promossa
dalla World federation of the societies
for the right to die with dignity la prima giornata dedicata al tema di una
morte dignitosa. Nel nostro Paese hanno aderito le associazioni Luca Coscioni ed Exit che,
da tempo, offre assistenza ai malati terminali.
Exit, la realtà fondata da
Emilio Coveri è presente, stamattina, davanti ai cimiteri di Roma, Milano,
Torino, Ravenna e Reggio Emilia per diffondere la cultura della dolce morte anche nella cattolica Italia. Ogni
settimana il telefono di Exit suona all’incirca 100 volte, ma
la richiesta è sempre la stessa: avere la possibilità di morire con dignità. Al
momento, l’unica strada percorribile è quella relativa alla sottoscrizione del
testamento biologico, mentre le
proposte normative in materia sono in
corso di approvazione parlamentare e, soprattutto, non prevedono la
possibilità di ricorso diretto all’eutanasia in quanto si limitano ad
intervenire contro l’accanimento terapeutico.
In Europa l’eutanasia è legale in Svizzera
dal lontano 1942. Dal 2002 lo è diventata anche in Olanda
e Belgio, seguiti dalla Francia e Svezia che, seppur in modalità diverse, hanno
risposto alla richiesta di buona
morte.
Su questo tema, importante e
delicato, segnaliamo le parole scritte dalla nostra autrice Pat Patfoort in Mamma viene a morire
da noi domenica, una profonda e intensa riflessione sull’eutanasia.
“Continuo a riflettere sul tema del limite delle cure: fin dove è
lecito spingersi? Bisogna mettersi al servizio del malato come schiavi? Ma anche
a far questo ci sarebbero due ragioni per le quali la soluzione non sarebbe
quella giusta per la mamma. La prima è il dolore continuo: la mattina inizia
anelando la sera, con nel mezzo una giornata di sofferenze. Dopo la caduta, il
dolore non è più veramente sparito. E poi c’è la sofferenza psicologica, data
dalla mancanza di autonomia. La seconda ragione è l’isolamento totale in cui
potrebbe cadere se, dopo i suoi occhi, anche le sue orecchie alzassero bandiera
bianca”.