Mentre
finiscono gli esami di maturità il Parlamento approva la riforma della scuola.
Ma gli esami non finiscono mai e la nuova legge va considerata, come dice
correttamente il ministro Giannini, un punto di partenza e non di arrivo.
Contro la riforma si sono schierati tutti i sindacati che hanno una grave
responsabilità: hanno provocato un ingiustificato allarme per indurre a un
atteggiamento conservatore di rifiuto aprioristico e hanno perso di vista
l’obiettivo di cambiare un’organizzazione obsoleta qual è la scuola di oggi.
La legge
non è perfetta come tutte le cose umane, ma apre al cambiamento, la cui
direzione sta a noi definire. C’è ancora molto da fare: l’atteggiamento e le
paure favoriscono un deleterio immobilismo. Invece, oggi è finalmente possibile
farsi domande mai sollevate prima e discutere costruttivamente. Per esempio: perché,
anziché stracciarsi le vesti per l’ingiustificato e strumentale timore del
preside-sceriffo, non si rimette mano agli organi collegiali o, meglio ancora,
non si consente che ogni scuola definisca un proprio statuto autonomo con
organi collegiali diversi? È proprio necessario che esista un solo ruolo
dirigente per istituti fino a 1.500 studenti e 300 insegnanti? Non sarebbe il
caso di istituire ruoli intermedi con compiti più prossimi alla didattica e più
lontani dalla gestione? E magari tornare a chiamarli “presidi”? E questo vale
anche per gli insegnanti: perché non prevedere carriere e qualche possibilità
di scelta dell’attività? Perché non sono previsti ruoli specifici per funzioni essenziali
di biblioteca, orientamento professionale, assistenza psicologica e sociale,
che oggi sono svolte da insegnanti volontari? Perché non ridurre le ore di
lezione per i giovani e consentire loro di organizzare spazi materiali e
temporali in modo sempre più autonomo al crescere dell’età? Perché non rivedere
le normative sulla responsabilità degli insegnanti sollevandoli da compiti polizieschi
di controllo? La nuova legge prevede la possibilità di organizzare le scuole in
modo diverso dall’attuale, ma perché tutte le potenzialità esistenti nella
legge possano davvero essere attuate occorrono nuovi regolamenti e soprattutto
una grande operazione di formazione e orientamento per dirigenti e insegnanti.
Su questo il sindacato dovrebbe attivarsi da subito anche allo scopo di evitare
abusi di potere che non sono insiti nella nuova legge, ma potrebbero esserlo
nei comportamenti che si assumeranno. Gli istituti potrebbero sperimentare una
nuova organizzazione delle classi sia come spazi sia come aggregazione degli
allievi sulla base delle capacità (o delle difficoltà della materia) o del
genere o chissà cos’altro anziché del solo parametro attuale dell’età che
trasforma le classi in un letto di Procuste per tutti.
Resta molto
da fare, se lo si vuole fare da oggi in poi. Ma c’è chi preferisce spaventarsi,
spaventare e restare immobile. “Chi non si muove non può rendersi conto delle
proprie catene”, erano le parole di Rosa Luxemburg.