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mercoledì 24 gennaio 2018

Un tè caldo: la spinta a reagire per Oscar De Pellegrin – “Ho fatto centro”

Oscar De Pellegrin ha 21 anni quando la vita gli presenta un conto pesante: un gravissimo incidente sul lavoro gli fa perdere l’uso delle gambe. Seguono pesanti momenti di sconforto e apatia e proprio durante uno di questi Oscar incontra una persona che con il suo carisma gli permetterà di riprendere in mano la sua vita, fino ad arrivare a raccogliere le soddisfazioni più alte, personali e sportive.
In questo breve estratto dalla biografia di Oscar De Pellegri, scritta insieme a Marco D’Incà e Francesca Mussoi dal titolo Ho fatto centro, il racconto di quel pomeriggio.
“Dalla porta entrò un uomo, mai visto prima. Camminava con le stampelle e i tutori alle gambe. Appena entrato in camera, si appoggiò alla testiera del mio letto.
Con voce laconica e impietosa, mi rimproverò: «Cosa fai a letto? Sono le tre del pomeriggio, alzati e fa’ qualcosa di utile».
Mi ordinò di mettere a scaldare un pentolino d’acqua per farci un tè caldo.
«Farai un servizio a te stesso e a me. E soprattutto alla tua mamma, che sta lavorando fuori».
Mi sentivo disarmato di fronte a tanta sicurezza. Non potevo più giustificare la totale inattività con il mio stato. Dovevo agire. E in fretta.
Quell’uomo era Renzo Colle. Aveva partecipato alle Paralimpiadi di Tel Aviv, nel 1968. Era rimasto per anni a Roma e, una volta tornato a Belluno, insieme a Stefano Mattei, aveva fondato l’ASI, l’associazione finalizzata a promuovere lo sport paralimpico. Ma ancora non lo sapevo.
Da quel momento, scattò una molla. Pensavo meno e mi rendevo utile in casa, con mia madre. Mi cimentavo ai fornelli. Qualcosa in me stava cambiando.
Iniziavo a conoscere il nuovo Oscar, con meno riluttanza.

Poi, un giorno, passò un amico che vendeva macchine da maglieria. E mi si accese una lampadina: «Ne compro una». È così che iniziai a confezionare calzini, maglioni e giacche. Ero pure bravino e credo che ogni abitante di Sopracroda possieda qualche cimelio realizzato da me. Sembra strano, ma il mio essere campione nello sport è passato attraverso questi step. Mi hanno aiutato a sentirmi utile, a capire che c’era una parte ancora pulsante. Le mie braccia, in fondo, non erano paralizzate. E nemmeno il cuore o la mente.”