Venticinque anni fa si svolgeva in Slovenia la prima guerra di
indipendenza che avrebbe portato in breve alla dissoluzione della Jugoslavia.
Abbiamo deciso di ripercorrere quei giorni insieme a Bruno Maran e al suo ottimo
libro dal titolo Dalla Jugoslavia alle Repubbliche indipendenti.
29
giugno 1991 –
Significativo attacco delle forze slovene a Vrtojba-Sant’Andrea, importante
valico alla periferia di Gorizia, dove il distaccamento della Jna è forte di
138 soldati e nove carri T–55. Trattative preventive per evitare perdite
portano alla resa dei federali senza che sia sparato un solo colpo. Oltre ai
carri, la To acquisisce forti quantitativi di munizioni e di armamenti. Altri
morti a Rabuiese, il valico confinario da Trieste verso l’Istria, dove un
blindato della Jna tenta di forzare il blocco attorno al posto di confine, gli
sloveni reagiscono e restano uccisi un tenente e due soldati jugoslavi.
In Slavonia, con un tentativo dei četnici
di occupare Osijek e Vinkovci, iniziano le ostilità. Respinti i serbi dai
difensori croati, le truppe federali aprono il fuoco sulla città dalle caserme
di Osijek.
A Belgrado è rinviata la riunione
della presidenza collegiale che, secondo gli accordi con la Cee, deve eleggere
il croato Mesić, rimasto solo apparentemente un convinto jugoslavista. In serata,
all’insaputa del governo federale, arriva l’ultimatum alla Slovenia da parte
del generale Negovanović dello Stato maggiore dell’esercito: “Se l’ultimatum
verrà ignorato, le forze armate metteranno in stato d’allerta tutte le loro
unità”. L’esercito federale intima alla Slovenia di porre fine a ogni
azione ostile contro le truppe di Belgrado, altrimenti scatterà contro la
repubblica ribelle un’azione militare decisiva. L’ultimatum, pronunciato alla
tv jugoslava, è l’ultimo avvertimento.
Congedato il comandante
dell’aviazione federale Anton Tus, sostituito da un altro croato, Jurjević.
La troika della Cee, i
ministri degli Esteri di Lussemburgo, Paesi Bassi e Italia, si reca in
Jugoslavia, tentando di convincere i popoli della Federazione a costruire
insieme la democrazia nel rispetto dei diritti civili. È la notte dei tentativi
di pace, ma nessuno vuole cedere. La necessità di restare uniti è sostenuta
specialmente dal ministro italiano De Michelis nel corso dei numerosi viaggi a
Lubiana e Zagabria.