“Il Genocidio rappresenta la cosa peggiore
dell’umanità. Ricordare gli eventi del passato e rendere omaggio a coloro che
sono morti dovrebbe rafforzare la nostra determinazione a impedire che tali
eventi si ripetano” queste sono le parole di Adama Dieng Consigliere speciale delle Nazioni Unite sulla prevenzione del
genocidio.
Nel 2015 l’Assemblea Generale delle
Nazioni Unite ha istituito il 9 dicembre come Giornata Internazionale per la
Commemorazione e la dignità delle vittime di genocidio e della prevenzione di
questo crimine, facendo cadere la ricorrenza nell’anniversario dell’adozione
della Convenzione sulla Prevenzione e Condanna del Crimine di Genocidio in
vigore dal 1948.
Lo scopo della giornata è quello di
aumentare la consapevolezza sulla Convenzione sul genocidio e sul suo compito
di combattere e prevenire il crimine di genocidio, come definito nella
Convenzione, e di commemorare e onorare le sue vittime. Con l’adozione della
risoluzione, senza votazione, l’Assemblea dei 193 membri, ha ribadito la
responsabilità di ogni singolo Stato di proteggere la sua popolazione dal
genocidio che implica la prevenzione del reato e l’istigazione ad esso.
Tra i tanti genocidi che si sono
compiuti solo nel Novecento ricordiamo quello più veloce della storia, avvenuto
in Rwanda nell’aprile del 1994, raccontato con intensità e passione da
Françoise Kankindi e Daniele Scaglione in RWANDA. LA CATTIVA MEMORIA e il genocidio di Srebrenica, a due passi da casa nostra, testimoniato
magistralmente da Luca Leone in SREBRENICA.
I GIORNI DELLA VERGOGNA da cui abbiamo ripreso un piccolo estratto.
“Nelle 30 ore successive al momento in
cui le telecamere di Mladić si spengono vengono deportati circa 23.000 donne e
bambini: il via vai di autobus e camion è impressionante. Gli olandesi, rimasti
a piedi, accettano tutte le richieste dei serbi e arrivano persino a pagare per
avere del carburante, lo stesso che, probabilmente, i serbo-bosniaci hanno
rubato negli ultimi mesi dai convogli dell’Onu con i rifornimenti che non sono
mai arrivati a Srebrenica, a causa del blocco ordinato dallo stato maggiore di
Pale. Durante quelle ore, gli olandesi possono notare che a bordo degli autobus
non vi sono uomini, solo donne e bambini piccoli. Lo annotano nelle loro teste,
ma nessuno fa nulla. Gli aguzzini possono agire indisturbati. Così, già nei
dintorni di Potočari può compiersi una parte del genocidio degli abitanti di
Srebrenica. Nello stesso momento, mentre centinaia di uomini, bambini e anziani
vengono assassinati dai serbo-bosniaci sul posto; mentre in migliaia sono
deportati altrove per essere uccisi; e mentre donne e bimbi piccoli vanno
incontro a un destino ignoto, nei boschi e tra le montagne si compie un’altra
parte importante del lavoro sporco: l’artiglieria e i cecchini serbi, entrati
in azione già alle prime luci dell’alba contro i circa 15.000 che avevano
lasciato Srebrenica, cercando di raggiungere a piedi un territorio meno ostile,
martellano senza sosta i fuggiaschi affamati e stanchi.”