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martedì 26 dicembre 2017

13 anni dopo lo tsunami

Le feste di Natale del 2004 furono devastate da un disastroso tsunami che colpì una zona amplissima dell’Oceano Indiano. L’isola di Sumatra, la più vicina all’epicentro del maremoto, subì i danni peggiori.

Ecco un breve estratto del nostro SISA TSUNAMI
 di Sergio Cecchini, una testimonianza in presa diretta dei fatti di allora.
“Sisa tsunami” è la scritta, fatta con uno spray argentato, che decorava la fiancata sinistra di una vecchia Honda rosso bordeaux. La macchina era seriamente ammaccata: mancavano i due specchietti laterali e un tergicristallo, un fanale era rotto. Quando si è accostata al centro per la prevenzione del tetano di Medici senza Frontiere (Msf) in uno dei quartieri di Banda Aceh più devastati dallo tsunami, ho domandato al conducente che cosa volesse dire quella scritta. ‘Sisa’ in indonesiano significa Superstite, Sopravvissuto, Rottame. Anche lei, questa quattro porte sgangherata, era scampata alla catastrofe, portandone ben evidenti i segni. Hamid, il conducente della Honda, ha voluto “ritoccare” in questo modo la fiancata del suo rottame ambulante per ricordarsi, in ogni momento, che lui è un sopravvissuto, un miracolato: “Sisa” anche lui come la sua carretta. È arrivato alla tenda allestita da Msf perché aveva sentito dire in giro che lì venivano vaccinate le persone contro il tetano e si distribuivano guanti e stivali per chi si era ferito. A più di due settimane dal 26 dicembre, Hamid ancora scavava lì dove una volta sorgeva la sua casa.
Non lontano dalla Honda, dà triste spettacolo di sé un’altra automobile, meno fortunata di quella guidata da Hamid. Giace capovolta e accartocciata in una pozza d’acqua torbida e fetida, poco distante da un militare indonesiano impegnato a inviare un sms e da un gruppo di cadaveri avvolti in sacchi di plastica gialla. Proprio in quel momento due persone si stanno dando da fare per smontare il semiasse e quelle poche cose rimaste utilizzabili.