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giovedì 26 febbraio 2015

#8marzoxché: un'iniziativa per riflettere sulla Festa della Donna

L’8 marzo si avvicina. La Giornata internazionale della donna è stata istituita dall’Onu nel 1977 in una data che simboleggia le battaglie delle donne che, dal 1900, hanno messo voce e anima per ottenere parità di diritti e per denunciare tutte le discriminazioni e le violenze subìte. Leggendo le testate giornalistiche e non solo, ci si rende conto che questa lotta, iniziata con le manifestazioni per ottenere il diritto di voto e situazioni lavorative migliori, non è ancora stata vinta su tutti i fronti. Certo, in Italia dal 1946 tutte le donne possono votare e, in campo lavorativo, si sono fatti molti passi avanti su assunzioni, stipendi e maternità, almeno sulla carta. Nonostante questo, viviamo in un mondo in cui la figura femminile non è ancora riconosciuta al pari di quella maschile. E non parliamo soltanto di Paesi in via di sviluppo, dove si pratica ancora in maniera selvaggia l’infibulazione sulle bambine, dove i matrimoni sono combinati e violenza e aborti di feti femminili sono pratiche usate quotidianamente. Parliamo anche dei cosiddetti Paesi occidentali industrializzati, dove tanto si sbandierano civiltà e diritti per tutti ma che vedono una donna su tre vittima di stalking e violenza e che, ogni due giorni, viene aggiornato l’elenco delle vittime di femminicidio, reato contro il quale in Italia solo nel 2013 è stata emanata una legge specifica.
Abbiamo chiesto ai nostri autori e a voci importanti del giornalismo e dell’attivismo sociale cosa ne pensano della Festa della Donna ponendo loro due domande. Ogni giorno pubblicheremo le loro risposte, in modo da arrivare all’8 marzo più consapevoli. L’hashtag di riferimento per questa iniziativa sarà #8marzoxché.

L’8 marzo è la Giornata Internazionale della donna, ufficializzata dall’Onu nel 1977 come data simbolo per rendere omaggio alle lotte e ai sacrifici della donne che, dall’inizio del 1900, e ancora oggi, lottano per avere pari diritti e per opporsi strenuamente a discriminazioni e violenza. Ha ancora senso, nel 2015, festeggiare la festa della donna, oppure è un’arma a doppio taglio?

Come si può evitare che le donne, soprattutto le ragazze giovani, identifichino l’8 marzo con la mimosa e non con il vero significato della festa?

Le prime risposte arrivano da Gioacchino Allasia, esperto di Craniosacrale, autore di Cascina Novecento (Infinito edizioni, 2015) e La forza delle mie mani (Infinito edizioni, 2012).


“Il mio Maestro di Shiatsu diceva ‘Quando le donne sono infelici il mondo è infelice; quando le donne sono felici il mondo è felice’. In questa semplice frase si racchiude tutto il senso di disagio di quanto ancora la donna debba sostenere al giorno d'oggi in questa assurda società. Ci sono ragioni antropologiche e soprattutto culturali per cui la donna debba addirittura celebrare un giorno dell'anno la sua festa. Tutto ciò è assurdo e senza alcun senso logico. La donna deve poter affermare non solo l'uguaglianza con l'uomo per quanto concerne i diritti civili sociali di libertà a ogni livello ma deve poter esprimere la sua grandezza di essere più evoluto della nostra specie. Questo perché la donna può procreare e noi uomini non lo possiamo fare. Trovo banale ancora al giorno d'oggi che si debbano festeggiare le donne con le mimose l'8 di marzo. Ciò senza nulla togliere all'importante ricorrenza che cade in quel giorno. Per fare in modo che le giovani generazioni si aprano ad altre percezioni sull'importanza essenziale del ruolo della donna nella nostra società bisogna iniziare dalla scuola, dall'educazione, dalle piccole cose di ogni giorno, ma bisogna farlo con la consapevolezza che quanto ci hanno insegnato fino ad ora sul tema del rapporto uomo/donna e soprattutto sulla donna di per sé è lontano anni luce da come dovrebbe essere” (Gioacchino Allasia).