L’8
marzo si avvicina. La Giornata internazionale della donna è stata istituita
dall’Onu nel 1977 in una data che simboleggia le battaglie delle donne che, dal
1900, hanno messo voce e anima per ottenere parità di diritti e per denunciare
tutte le discriminazioni e le violenze subìte. Leggendo le testate
giornalistiche e non solo, ci si rende conto che questa lotta, iniziata con le
manifestazioni per ottenere il diritto di voto e situazioni lavorative
migliori, non è ancora stata vinta su tutti i fronti. Certo, in Italia dal 1946
tutte le donne possono votare e, in campo lavorativo, si sono fatti molti passi
avanti su assunzioni, stipendi e maternità, almeno sulla carta. Nonostante
questo, viviamo in un mondo in cui la figura femminile non è ancora
riconosciuta al pari di quella maschile. E non parliamo soltanto di Paesi in
via di sviluppo, dove si pratica ancora in maniera selvaggia l’infibulazione
sulle bambine, dove i matrimoni sono combinati e violenza e aborti di feti
femminili sono pratiche usate quotidianamente. Parliamo anche dei cosiddetti
Paesi occidentali industrializzati, dove tanto si sbandierano civiltà e diritti
per tutti ma che vedono una donna su tre vittima di stalking e violenza e che, ogni due giorni, viene aggiornato
l’elenco delle vittime di femminicidio, reato contro il quale in Italia solo
nel 2013 è stata emanata una legge specifica.
Abbiamo
chiesto ai nostri autori e a voci importanti del giornalismo e dell’attivismo
sociale cosa ne pensano della Festa della Donna ponendo loro due domande. Ogni
giorno pubblicheremo le loro risposte, in modo da arrivare all’8 marzo più
consapevoli. L’hashtag di riferimento
per questa iniziativa sarà #8marzoxché.
L’8 marzo è la
Giornata Internazionale della donna, ufficializzata dall’Onu nel 1977 come data
simbolo per rendere omaggio alle lotte e ai sacrifici della donne che,
dall’inizio del 1900, e ancora oggi, lottano per avere pari diritti e per
opporsi strenuamente a discriminazioni e violenza. Ha ancora senso, nel 2015,
festeggiare la festa della donna, oppure è un’arma a doppio taglio?
Come si può evitare
che le donne, soprattutto le ragazze giovani, identifichino l’8 marzo con la
mimosa e non con il vero significato della festa?
Le
prime risposte arrivano da Gioacchino Allasia, esperto di Craniosacrale, autore
di Cascina Novecento (Infinito edizioni, 2015) e La
forza delle mie mani
(Infinito edizioni, 2012).
“Il
mio Maestro di Shiatsu diceva ‘Quando le donne sono infelici il mondo è
infelice; quando le donne sono felici il mondo è felice’. In questa semplice
frase si racchiude tutto il senso di disagio di quanto ancora la donna debba
sostenere al giorno d'oggi in questa assurda società. Ci sono ragioni
antropologiche e soprattutto culturali per cui la donna debba addirittura
celebrare un giorno dell'anno la sua festa. Tutto ciò è assurdo e senza alcun
senso logico. La donna deve poter affermare non solo l'uguaglianza con l'uomo
per quanto concerne i diritti civili sociali di libertà a ogni livello ma deve
poter esprimere la sua grandezza di essere più evoluto della nostra specie.
Questo perché la donna può procreare e noi uomini non lo possiamo fare. Trovo
banale ancora al giorno d'oggi che si debbano festeggiare le donne con le
mimose l'8 di marzo. Ciò senza nulla togliere all'importante ricorrenza che
cade in quel giorno. Per fare in modo che le giovani generazioni si aprano ad
altre percezioni sull'importanza essenziale del ruolo della donna nella nostra
società bisogna iniziare dalla scuola, dall'educazione, dalle piccole cose di
ogni giorno, ma bisogna farlo con la consapevolezza che quanto ci hanno
insegnato fino ad ora sul tema del rapporto uomo/donna e soprattutto sulla
donna di per sé è lontano anni luce da come dovrebbe essere” (Gioacchino
Allasia).