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venerdì 18 aprile 2014

"La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla"

Si è spento ieri, a 87 anni, Gabriel Garcia Marquez, una vita intensa tra letteratura e passione civile. Vincitore nel 1982 del Premio Nobel per la letteratura con Cent'anni di solitudine, lo scrittore colombiano prolifico, visionario e sognatore, ha affascinato milioni di persone in tutto il mondo. 

"Mille anni di solitudine e tristezza per la morte del più grande colombiano di tutti i tempi" sono le parole di Juan Manuel Santos, presidente della Colombia, che ha decretato tre giorni di lutto nazionale per ricordarlo. I funerali si terranno lunedì al Palazzo delle Belle Arti del Messico.
"Da quando lessi Cent'anni di solitudine più di quaranta anni fa, sono sempre rimasto stupito dalle sue doti uniche di immaginazione, chiarezza del pensiero e onestà emozionale. - è il saluto del Premio Nobel Mario Vargas Llosa - Ero onorato di essere suo amico e di conoscere il suo grande cuore e mente brillante da più di vent'anni".
Ricordiamo Marquez grazie all'incipit del suo romanzo più famoso, Cent'anni di solitudine

"Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendía si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era così recente, che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito."