“Papà Mekong” (infinito edizioni,
2011), l’ottimo libro di Corrado Ruggeri – capo della cronaca romana del Corriere
della Sera e autore di libri
di viaggio per i tipi di Feltrinelli, Mondatori e Sitcom, oltre che volto
televisivo di Marcopolo – è molte
cose: il primo romanzo di un uomo, viaggiatore e giornalista, di immensa
umanità; una full immersion in
un’Asia sconosciuta ai più; una ricerca di genere nei delicati rapporti tra
donna e uomo; una sfida in punta di penna per raccontare, con la delicatezza di
una piuma e l’incisività di un pugnale arroventato, un mondo difficile, duro,
fatto di sfruttamento e povertà, di sciacalli e vittime, di bambini rinchiusi
in poveri orfanotrofi e gente che con immensa difficoltà a fine giornata riesce
a mettere insieme un pugno di riso. Un mondo di frustrazione e di rancore che
però ha dentro di sé quegli strumenti di catarsi e di rinascita che a noi
occidentali sono probabilmente sconosciuti.
Scrive
il giornalista Aldo Cazzullo nella sua prefazione al libro, che “Papà
Mekong ha il merito non solo di raccontare
terre e personaggi lontani, ma anche di aprire la nostra mente e il nostro
cuore a popoli che crediamo estranei, a uomini e donne che non abbiamo
incontrato e non incontreremo. Corrado Ruggeri ci parla di villaggi e orfanotrofi; ci ricorda che i
poveri della terra esistono, e non sono soltanto le migliaia di Lampedusa, ma i
miliardi che restano a casa, o cercano di costruirsela sulla propria terra. E
ci spiega che loro certo hanno bisogno di noi; ma anche noi abbiamo molto
bisogno di loro”.
Abbiamo approfondito questi spunti con Corrado
Ruggeri e ne è scaturita l’intervista che riportiamo di seguito.