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lunedì 3 dicembre 2018

4 dicembre 2012, a L’Aja la sentenza di secondo grado per Sredoje e Milan Lukić


I nomi dei cugini Sredoje e Milan Lukić sono tristemente noti a Višegrad, cittadina della Bosnia orientale bagnata da quella azzurra e fredda Drina cantata da Ivo Andrić, dal momento che i due sono stati protagonisti, nel corso dell’estate del 1992, di una serie di episodi disumani, tra cui l’uccisione a sangue freddo di sette musulmani-bosniaci, i cui cadaveri vengono gettati nella Drina, e della combustione di cinquantacinque persone – tra cui una neonata di tre giorni di vita – in una cantina di Pionirska ulica, nella quale i Lukić lanciano ordigni incendiari alimentando poi le fiamme per ore con la benzina. L’orrore è continuato così per tutta l’estate, finché la pulizia etnica ai danni dei musulmani-bosniaci – che costituivano il 63 per cento della popolazione locale – viene portata a termine con operazioni di rastrellamento, deportazioni e omicidi di massa di centinaia di civili all’interno di case private. Circa tremila persone vengono uccise e fatte scomparire.
Il processo contro i cugini Lukić inizia solo il 9 luglio del 2008; un anno dopo – il 20 luglio 2009 - Sredoje e Milan Lukić sono con­dannati dai giudici de L’Aja in primo grado rispettivamente a trent’anni di carcere e all’ergastolo per i crimini commessi tra il 1992 e il 1994. I due, definiti dai giudici “assassini brutali e insensibili”, dovevano rispon­dere di omicidio, persecuzioni e altri crimini contro l’umanità ai danni di musulmani-bosniaci e altri “non-serbi”.
La sentenza definitiva arriva il 4 dicembre 2012. In quest’occasione il Tpi conferma la condanna all’ergastolo per Milan Lukić ma riduce da trenta a ventisette anni quella del cugino Sredoje, con il dissenso dei giudici Pocar e Liu. Il Tpi deve e vuole sbrigarsi, quindi non prende in considerazione tutti gli episodi di violenza attribuiti ai due carnefici. Milan viene così condannato per sei specifici episodi di uccisione, ovvero i fatti di sangue del 7 giugno 1992 (il brutale assassinio dei dipendenti del mobilificio Varda assassinati), rispetto ai quali viene attribuito di­rettamente all’imputato l’omicidio di cinque delle sette vittime; la morte di Hajra Korić e i trattamenti disumani inflitti alle persone recluse nel campo di prigionia di Uzamnica; la strage di Pionirska ulica; l’assassinio diretto delle persone rinchiuse nella casa di Pionirska ulica che tentavano di fuggire e la strage di Bikavac.