Alla chiusura delle urne per le elezioni legislative e dell'Assemblea degli Esperti segnaliamo ai nostri lettori un'analisi del voto del nostro autore specializzato in Iran Antonello Sacchetti sul sito Diruz. Per leggere l'approfondimento fate clic qui.
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lunedì 29 febbraio 2016
mercoledì 24 febbraio 2016
Rapporto 2015-2016. La situazione dei Diritti Umani nel mondo - Amnesty International
Infinito edizioni - novità in libreria
La situazione dei
Diritti Umani nel mondo
(€ 19,90 – pag. 608)
(€ 19,90 – pag. 608)
Di Amnesty
International
Diritti
in pericolo, assalto globale alle libertà
Il
Rapporto 2015-2016 di Amnesty International documenta la situazione dei diritti
umani in 160 paesi e territori durante il 2015.
In
molte parti del mondo, un notevole numero di rifugiati si è messo in cammino
per sfuggire a conflitti e repressione. La tortura e altri maltrattamenti da un
lato e la mancata tutela dei diritti sessuali e riproduttivi dall’altro sono
stati due grandi fonti di preoccupazione. La sorveglianza da parte dei governi
e la cultura dell’impunità hanno continuato a negare a molte persone i loro
diritti.
Questo
rapporto rende merito a tutte le persone che si sono attivate in difesa dei
diritti umani in tutto il mondo, spesso in circostanze difficili e pericolose.
Il
testo contiene le principali preoccupazioni e le richieste di Amnesty
International ed è una lettura fondamentale per chi elabora strategie
politiche, per gli attivisti e per chiunque sia interessato ai diritti umani.
“L’anno
da poco concluso ha messo a durissima prova la capacità dell’intero sistema
internazionale di risposta alle crisi e agli sfollamenti di massa di persone,
che si è rivelato tristemente inadeguato. Era dalla seconda guerra mondiale che
i flussi di sfollati e di persone in cerca di rifugio non raggiungevano le
dimensioni globali attuali. Questa situazione è stata in parte alimentata dal
perdurare del conflitto armato in Siria, con ormai più della metà della
popolazione in fuga, oltre i confini nazionali o sfollata internamente al
paese. Finora i tentativi di trovare una soluzione al conflitto non sono
serviti a nient’altro che a mettere in luce divisioni globali e regionali”.
(Salil Shetty, Segretario generale di Amnesty International)
L’autore
Amnesty
International è un’organizzazione non governativa indipendente, una comunità
globale di difensori dei diritti umani che si riconosce nei princìpi della
solidarietà internazionale. L’associazione è stata fondata nel 1961
dall’avvocato inglese Peter Benenson, che lanciò una campagna per l’amnistia
dei prigionieri di coscienza. La visione di Amnesty International è quella di
un mondo in cui a ogni persona siano riconosciuti tutti i diritti umani sanciti
dalla Dichiarazione universale dei diritti umani e da altri atti sulla
protezione internazionale dei diritti umani.
Per maggiori
informazioni: http://www.amnesty.it
venerdì 19 febbraio 2016
Finalmente la nomina del Commissario per il superamento degli Opg, nel giorno della scomparsa di Angelo Lallo
Il
Consiglio dei Ministri ha nominato ieri il Commissario unico per il superamento
degli Ospedali psichiatrici giudiziari (Opg), dopo mesi di sterile attesa. Una
buona notizia, giunta poche ore prima del secondo anniversario della scomparsa
del nostro Angelo Lallo (19 febbraio 2016), che ha impiegato gli ultimi mesi
della sua ancor giovane vita nella scrittura del suo libro più importante, MALA DIES. L'inferno degli ospedali psichiatrici giudiziari e
delle istituzioni totali in Italia (Infinito
edizioni, 2014).
Il
Commissario si chiama Franco Corleone, già Garante dei diritti dei detenuti e
delle persone prive della libertà, ed è chiamato a intervenire per garantire a
ogni internato la dimissione, così da poter chiudere gli Opg ancora attivi
(Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino, Aversa e Barcellona Pozzo di Gotto),
senza dimenticare che l’Opg di Castiglione delle Stiviere ha solo cambiato
targa “trasformandosi” da Opg in Rems (Residenze per l’Esecuzione della Misura
di Sicurezza), con oltre 200 internati.
Il
mandato affidato al Commissario Corleone riguarda tutto il territorio
nazionale, per la piena e corretta applicazione della legge 81/2014, che
privilegia misure di sicurezza alternative alla detenzione con progetti di cura
e riabilitazione individuale. E questo è possibile nella stragrande maggioranza
dei casi, come indicano le Relazioni al Parlamento. Decisivo perché ciò si
realizzi è il ruolo della magistratura e il rapporto di collaborazione con le
Regioni e le Asl. “Allora il ruolo delle Rems – e quindi la detenzione – può e
deve diventare residuale rispetto a cure che devono svolgersi nei servizi di
salute mentale e socio-sanitari del territorio. Servizi che vanno sostenuti e
ai quali vanno subito assegnate le risorse finanziarie e umane necessarie. Ora
possiamo fare un altro passo avanti lungo la strada della legge 180, che
decretando la chiusura dei manicomi ha restituito speranza, diritti e dignità a
migliaia di persone”, ha commentato – positivamente – il comitato StopOpg
nazionale (www.stopopg.it).
Angelo,
scomparso esattamente due anni fa, avrebbe commentato con grande soddisfazione
una notizia che tutti aspettavano da tempo.
mercoledì 17 febbraio 2016
#WorldCatDay
La Festa
Nazionale del Gatto è stata istituita nel 1990 e ricorre il 17 febbraio. La
giornalista gattofila Claudia Angeletti propose un referendum tra i lettori
della rivista "Tuttogatto" per stabilire il giorno da dedicare
a questi affascinanti animali spesso bistrattati. La proposta vincitrice, scelta dalla Angeletti e dalle colleghe
della redazione cadde sulla proposta della signora
Oriella Del Col che aveva scelto la data di oggi sia perché febbraio è il mese
del segno zodiacale dell’Acquario, ossia degli spiriti liberi e anticonformisti
come quelli dei gatti che non amano sentirsi oppressi da troppe regole, sia
perché tra i detti popolari febbraio veniva definito “il mese dei gatti e delle
streghe” collegando in tal modo gatti e magia. Passando alla numerologia il 17
nella nostra tradizione è sempre stato ritenuto un numero portatore di
sventura, stessa fama che, in tempi passati, è stata riservata al gatto. Questo
perché deriva dall'anagramma del numero romano che da XVII si trasforma in
“VIXI” ovvero “sono vissuto”, di conseguenza “sono morto”. Non così per il
gatto che, per leggenda, può affermare di essere vissuto vantando la possibilità
di altre vite. E quindi il 17 diventa quindi “1 vita per 7 volte”!
Tante sono le
iniziative nelle varie città italiane per festeggiare i pelosi di casa:
segnaliamo le proiezioni a tema felino oggi pomeriggio a Milano, al Museo
interattivo del Cinema.
Per tutti i
nostri lettori amanti dei felini segnaliamo il libro di Lucilio Santoni dal
titolo Fusa e parole, tra umanità e gatti
martedì 16 febbraio 2016
Sarajevo bussa alla Ue: buona notizia?
Come
da più giorni atteso, ieri il presidente di turno della presidenza tripartita
bosniaco-erzegovese, il croato-bosniaco Dragan Čović, ha presentato la richiesta formale di
adesione di Sarajevo all’Unione europea.
Grande
soddisfazione è stata espressa dal presidente della commissione per
l’allargamento della Ue, Johannes Hahn, e dall’Alto rappresentante per la
politica estera della Ue, Federica Mogherini. Se non altro, perché per la Ue di
oggi, da cui in tanti vorrebbero uscire, è una notizia controcorrente il fatto
che qualcuno voglia entrare, magari spinto dagli Stati Uniti, in questi anni di
guerra neanche troppo fredda con la Russia.
Di fatto,
la richiesta di adesione da parte di Sarajevo non cambia nessuna delle carte in
tavola. La Bosnia Erzegovina da anni deve approvare, attraverso un parlamento
semi-immobile a causa di coalizioni di maggioranza ingestibili e litigiose,
riforme in settori-chiave quali la giustizia, la lotta contro la corruzione, la
pubblica amministrazione, l’economia, il welfare, i diritti fondamentali della
persona, la libertà d’espressione e la libertà dei giornalisti (che ultimamente
sta vivendo un’erosione sempre più preoccupante, come ho già avuto modo di denunciare
ne “I bastardi di Sarajevo”).
La
richiesta di adesione non cambia un dato di fatto fondamentale: i politici e
gli amministratori bosniaco-erzegovesi sono tra i più corrotti al mondo e hanno
una visione personalistica e nepotistica della conduzione della cosa pubblica.
La maggior parte di loro lavora per il profitto personale e per l’interesse del
“clan” nazionalistico di riferimento. Il primo impegno, ai fini di un’eventuale
adesione, dovrebbe essere dunque proprio nella direzione di favorire (o, meglio,
indurre) il cambiamento della classe politica bosniaco-erzegovese e di promuovere
una rivoluzione culturale profonda nel Paese. Senza queste due prime riforme,
Sarajevo non sarà mai pronta per entrare nella Ue.
L’altra
questione fondamentale riguarda la deriva secessionista intrapresa
dall’ultranazionalista governo dell’entità a maggioranza serbo-bosniaca, la
Repubblica serba di Bosnia (Rs), sostenuta politicamente ed economicamente
dalla Russia di “zar” Vladimir Putin. Mosca non
ha mai espresso pareri decisamente sfavorevoli verso un ingresso della BiH
nella Ue, questo è vero, mentre s’è sempre violentemente opposta a un ingresso
della Bosnia Erzegovina nella Nato. Ma Bruxelles dovrà tenere conto delle
ingerenze russe nella Repubblica serba di Bosnia e del fatto che a Banja Luka
esiste una forte corrente filo-russa e anti-europeista con cui fare i conti. Il
presidente della Rs, “l’orso” milionario Milorad Dodik, intimo amico dello
“zar” moscovita, non fa che lavorare incessantemente per la dissoluzione della
Bosnia e per l’impunità a favore dei criminali della guerra del 1992-1995,
apertamente spalleggiato dai russi, anche in sede di Nazioni Unite. E l’Unione
europea attuale, per quanto possa risultare attraente dall’esterno, non ha
strumenti adeguati per gestire le forze centrifughe che si manifestano e
lavorano al suo interno. E così come le ingerenze russe nella Rs
rappresenterebbero un peso ingestibile per la debole (eufemismo per dire
inadeguata e assente) diplomazia di Bruxelles, allo stesso modo risulterebbero
ingestibili le pesanti ingerenze turche, saudite e statunitensi nella seconda
entità bosniaco-erzegovese, la Federazione di Bosnia Erzegovina (FBiH).
L’ingresso
della BiH nell’Unione europea è al momento solo una lontana ipotesi e
occorreranno anni, forse decenni, prima che si realizzi, proprio perché non vi
sono le condizioni di partenza, a cominciare da una classe politica
presentabile. Discorso non diverso va fatto per gli altri Paesi ex jugoslavi
che hanno presentato, prima della Bosnia, richiesta di adesione, ovvero la
Macedonia (2004), il Montenegro (2008) e la Serbia (2009). Ecco, la richiesta
di adesione depositata ieri da Čović non ha tanto il sapore di una promessa:
vogliamo dare il massimo per farcela. Ha, più che altro, il sapore di un
riallineamento, di un colpo di reni per non dover restare gli unici a non aver
compiuto il passo e sfigurare davanti agli occhi dei propri cittadini-elettori.
Ma, di fatto, se oggi c’è un Paese (oltre naturalmente alla Macedonia) in cui
non esistono, nell’area ex jugoslava, neanche nel lungo periodo, le condizioni
per un reale ingresso nella Ue, quel Paese è, purtroppo, proprio la Bosnia.
Ironia della sorte, il Paese che forse, in questo momento, più ne avrebbe
bisogno e la cui popolazione più lo meriterebbe per quello che ha dovuto vivere
e subire negli ultimi cinque lustri. E continua a subire a causa della cecità
della comunità internazionale, Ue in testa, e alla corruzione o corruttibilità
della sua classe politica, della sua polizia, della sua magistratura. Della sua
stampa, sempre meno indipendente.
Per
saperne auspicabilmente di più, oltre a “I
bastardi di Sarajevo”, consiglio vivamente (anche alla Mogherini) il mio “Bosnia express”.
mercoledì 10 febbraio 2016
"Chi se la sente di andare giù" - Il Giorno del ricordo
10 febbraio, Giorno del ricordo, per
conservare e rinnovare
la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe,
dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo
dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale
“Chi
se la sente di andare giù? – chiese il maresciallo Hazarich – Ho bisogno di
qualcuno che faccia un rapido calcolo di quanti corpi ci sono per preparare i
sacchi”.
“Noi
non siamo qui per tirar fuori i morti! Ci hanno detto solo di venire a fare un
sopralluogo”, ha protestato uno dei miei colleghi del 41° corpo dei vigili di
fuoco di Pola. Quella mattina eravamo stati mandati prima alla foiba di Cregli,
ma non avevamo potuto effettuare un sopralluogo perché la corda era troppo
corta per raggiungere il fondo.
Era
chiaro che nessuno voleva fare quel lavoro e nessuno dei presenti – Procuratore
di Pola, medico, giudice e cancelliere del tribunale di Pola, i venticinque
della scorta armata che ci veniva fornita per scongiurare eventuali attacchi da
parte dei partigiani, il fotografo Sivilotti – aveva il coraggio di ordinarci
di farlo. Mi sono offerto: dissi che mi sarei calato per primo. Sceso in quella
voragine carsica, non trovavo la voce per rispondere ai colleghi che si
preoccupavano per la mia sorte. Non riuscivo nemmeno a trovare il coraggio di
tenere accesa la torcia per illuminare quel quadro infernale. Preoccupati dal
mio silenzio e temendo il peggio, mi tirarono su in tutta fretta.
“Allora?”,
chiese il Maresciallo con voce turbata.
“Non
lo so”, sussurrai. Quella terra rossa della mia Istria, rossa per la vergogna,
rossa per il sangue, rossa per l’imbarazzo d’aver assistito all’apocalisse, mi
rivestiva le mani, mi insudiciava tutto. Ho dapprima bestemmiato, poi mi sono
messo a ululare come un cane nero. “Non si possono mica contare! Sono buttati
lì uno sopra l’altro come se fossero sacchi d’immondizie”, ho ringhiato.
“Ho
bisogno di sapere un circa”, ha insistito il maresciallo.
“Sono una montagna!
– ho urlato – Sono una infinità! Settanta, ottanta, forse addirittura…”. Non
c’è l’ho fatta a finire la frase. Mi è esplosa dal petto una diga di lacrime e
un suono di dolore primordiale. Poi sono svenuto.
Con queste parole
Mario de Laura, Il
testimone di Pirano, di Laila Wadia appena uscito in
libreria, ricorda il suo terribile incontro con le foibe.
“Il racconto di
Mario, il testimone di Pirano, è una delle voci dell’esodo. Una voce che, come
le altre, ogni volta suona come nuova, ritrovato tassello di un più ampio
mosaico del dolore. Perché il ricordo dell’infanzia povera, delle ingiustizie
subite, della casa abbandonata, degli alloggi provvisori, della fame e del
freddo risvegliano nel lettore una pietas
senza tempo né luogo. Più ancora, ricordare la discesa nelle foibe per
recuperare i corpi delle vittime – scendere nel buio su quel mucchio di corpi
decomposti – assume il senso di una prova assoluta, tragica allegoria di un
intero secolo di guerre e di massacri”. (dalla prefazione di Pietro Spirito)
venerdì 5 febbraio 2016
Il barbiere zoppo: la ricerca delle proprie radici si intreccia alla storia della seconda guerra mondiale
Finalmente le aveva ritrovate.
Aveva impiegato diversi
anni nel cercarle come un ossesso.
Era stato fortunato. Era riuscito a tornare da quei viaggi dove di
molti, quasi tutti, non si seppe più nulla.
Storie disperse nel vento, passate per un camino…
Era stanco e vecchio, ma nei suoi occhi ardeva ancora quella luce
di vitalità e fiducia che, sebbene il corpo fosse ormai sfiorito, mostravano il
giovinotto d’un tempo.
Ma questa era un’icona di molti anni prima.
Secoli.
“Ecco, la busta e il francobollo…”.
“Grazie” rispose alla commessa che, nel lungo grembiule blu, lo
guardava incuriosita. Si girò di spalle. Non amava che sbirciassero nei suoi
affari, ma questo era un retaggio che si portava dietro dalla terribile esperienza
vissuta. Non avrebbe augurato ad alcuno di passare quel che aveva passato lui…
e “visto” quello che lui aveva visto.
In quei posti dove, se non ti fidavi di nessuno, forse potevi
salvarti, e quella diffidenza se l’era riportata indietro. Infilò la lettera
nella busta in carta grezza, leccò la parte collosa e la richiuse.
Rilesse ancora una volta l’indirizzo.
Gentile signora Maria Lotti, via Regina Margherita 4, - Carovigno, Brindisi, Regione Puglia.
Anche la regione… “Meglio evitare che qualcuno sbagli e non
arrivi a destinazione”, pensò tra sé e sé.
Queste parole danno inizio all’appassionante romanzo di
Gino Marchitelli dal titolo Il barbiere zoppo,
in cui si ripercorre la vicenda di una giovane che nel 1969 parte dalla Puglia
verso le Marche alla ricerca delle sua radici. La storia della ragazza si
intreccia con i valori della Libertà, della Resistenza,
della lotta contro il nazifascismo, entrando
in contatto con i movimenti pacifisti,
politici e sociali del 1968-69. Tratto
dall’incrociarsi di più storie vere,
questo libro racconta due generazioni in lotta: quella dei giovani partigiani del 1943-45 e quella dei movimenti giovanili sessantottini. Una storia italiana lunga un
trentennio scritta con tratto magistrale.
“Se vorrete conoscere la Resistenza
e una scrittura che non la tradisce narrandola, e se la volete proporre ad
altri, questo è il libro che vi serve”. (Lidia Menapace)
martedì 2 febbraio 2016
La nuova “grande scommessa”: banche e risparmiatori, la storia si ripete
Obbligazioni
“spazzatura”, scommesse sul fallimento altrui, truffe del sistema bancario ai
danni dei risparmiatori. Sono alcuni dei temi del film “La grande scommessa” di
Adam McKay ora nelle sale, anticipati nel
libro “Così
banche e finanza ci rovinano la vita” di Massimo Guerrieri, Paolo Giovanardi
e Antonello Cattani.
Molti non sanno che
già nel 1300 le banche scommettevano concedendo crediti di dubbia solvibilità,
in cambio di privilegi. Il risultato? Fallimento e perdite dei risparmiatori,
dopo che i banchieri si erano distribuiti lauti profitti.
Il caso delle quattro banche prima commissariate, poi quasi fallite ha
portato allo stesso risultato: azionisti e obbligazionisti hanno perso circa
1,2 miliardi di euro e i banchieri sono rimasti impuniti. In finanza la storia
non insegna: si ripete amaramente.
Una nuova grande scommessa sembra essere la soluzione trovata per
“sistemare” i circa 200 miliardi di sofferenze del sistema bancario italiano, la
percentuale più alta in Europa rispetto ai crediti erogati. Il
meccanismo sembra lo stesso del 2008: trasformare i crediti dubbi in
obbligazioni da distribuire sul mercato, scaricando i rischi sui sottoscrittori
di tali titoli. Lo Stato offre una garanzia che, al momento, non prevede
esborsi. Ma se i creditori in “sofferenza” non onoreranno i propri impegni chi
pagherà?
La risposta non è difficile…
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