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mercoledì 15 febbraio 2012

Alfredo Provenzali ricorda il collega Nico Sapio

Il ricordo di Alfredo Provenzali del collega Nico Sapio nella postfazione al libro “L’ultima bracciata” di Francesco Zarzana

Raccontare chi era Nico Sapio mi provoca sempre una grandissima emozione. Nico non era solo un normalissimo collega, ma era soprattutto un grande amico e professionalmente per me un unico punto di riferimento. Si condivideva la stessa stanza d’ufficio, si lavorava gomito a gomito. Si raccontava di noi, delle nostre famiglie, se tutto procedeva bene, la figlia che pian pianino cresceva. Nico era soprattutto una persona generosa e un animo sensibile.
La sua passione principale non era il nuoto. A questa disciplina sportiva si era approcciato nel tempo e con grande gioia. Lui amava tantissimo il rugby e ne comprendeva il grande significato, il rispetto per l’avversario, le regole un po’ complesse, il gioco. Per dire poi di un altro suo grande amore, che era la vela. Vivendo a Genova non si può non amare il mare e Nico amava il mare e la vela.
Fece parte della prima squadra di quel meraviglioso gruppo che era la trasmissione radiofonica Tutto il calcio minuto per minuto e anche in questa parte della sua professione riuscì a sapersi distinguere da tutti gli altri. Trape­lava nei suoi interventi e nelle sue radiocronache che lui era al servizio degli ascoltatori, senza che la sua cronaca mettesse lui al primo posto. Mi ricordo di una volta in cui, in collegamento dallo stadio Marassi, gli passarono la linea; in quel periodo non c’era la possibilità di fare le interruzioni sugli altri colleghi che parlavano, e lui disse: “Mi dispiace ma qua non è successo niente, non sta succedendo niente neanche adesso e passo subito la linea al prossimo campo collegato, augurandomi che almeno lì succeda qualcosa”. Passò la linea e proprio qualche secondo dopo in quel campo ci fu un goal che il commentatore riuscì a raccontare in diretta. Ricorderò sempre que­st’incredibile episodio. Perché Nico era fatto così: spontaneo e con una sen­sibilità che non lo facevano mai protagonista dei suoi servizi, sia radiofonici che televisivi.
La sera della tragedia ero alla piscina di Albaro per la partita di pallanuoto di Coppa dei Campioni del Recco. Era stato dato a me il servizio per sostituirlo perché lui doveva andare a Brema. C’era l’Eurovisione e Nico era il giornalista che poteva benissimo raccontare quella gara. Quando trapelò la notizia, il clima si fece irreale. Si avvicinarono a me alcune persone e mi dissero. “Pare che…”. Si può solo immaginare il mio stato d’animo di quel momento. Ma nel grande rammarico e dolore per l’amico perduto, il mio primo pensiero era quello di stare vicino alla famiglia. Quello per noi, amici cari e colleghi, sarebbe stato il compito principale.
Da lui ho imparato che il lavoro che facevamo doveva essere soprattutto gioia. E Nico era un grandissimo giocherellone, scherzava sempre, la battuta era sempre pronta così come anche la barzelletta, ma l’approccio al suo la­voro era svolto con grandissima serietà. E tutti glielo riconoscevano.
Io ho cominciato con lui e per me il suo ricordo è indelebile.
Sono contento che questo libro lo abbia ricordato, insieme ai ragazzi e al tecnico Costoli. Perché se una persona deve avere un mito, per me Nico è il mio mito.

Per informazioni, Infinito edizioni: 06/9316241
Maria Cecilia Castagna: 320/3524918