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UN CAMPER PER I DIRITTI, IL LAVORO DI MEDICI PER I DIRITTI UMANI NEL TESTO DI NICOLETTA DENTICO

Un camper per i diritti, il lavoro di Medici per i diritti umani nel testo di Nicoletta Dentico per il libro “Città senza dimora

Un camper per i diritti è il loro strumento di lavoro, il loro mezzo di carotaggio della realtà di uomini e donne che vivono “sottocoperta” dentro le nostre città e intorno a noi, che siamo cittadini caduti in un autismo assurdo, e restiamo recalcitranti a ogni pur pavida abitudine
di accoglienza. Sono operatori sanitari con patente di viandanti, i Medici per i diritti umani. Incedono tra le pieghe delle ferite di esistenze che fuggono da acuminati orizzonti lontani o da sgualcite vicende di quartieri più prossimi. Ogni ferita, con il suo carico di vita di scarto. Si avventurano per territori aspri e inospitali che invocano giustizia sociale ma anche giustizia estetica, i non luoghi dello stato permanente di eccezione, che a Roma soltanto riguardano la vita quotidiana di circa ottomila persone. Immigrati. Nativi. Giovani, bambini e vecchi. Uomini. Donne.

Contro ogni elementare criterio di ragionevolezza, contro il più comune senso della realtà, questi medici cercano territorialità dei diritti tra i rovesci delle esistenze. La loro traversata per le stazioni, i campi e gli insediamenti delle città italiane – Roma e Firenze le protagoniste di questo rapporto – mira ad aggregare spazi di umanità in un tempo, non possiamo farci troppe illusioni, in cui i diritti sembrano aver perduto anch’essi ogni residenza, ogni permanenza giuridica.

I diritti insomma sono divenuti anch’essi senza fissa dimora, alla stregua delle persone che si assiepano nelle babeli delle nostre realtà urbane, spinte da progetti di un’ostinata speranza o dai bisogni essenziali di sopravvivenza. Nel loro vagabondare tra un’uscita di camper e l’altra, i medici si prendono dunque cura delle persone e dei loro diritti, perché non esiste separatezza di soccorso. Oltre alle ferite fisiche e psicologiche, occorre curare l’ingiustizia. Molto più che soccorritori, i Medici per i diritti umani sono così pellegrini di legalità.

Un camper per i diritti è anche la cifra del muoversi nella polis di questi operatori, cittadini che non schiamazzano le loro gesta umanitarie sui media, cittadini decisamente antieroici. Nessun ambulatorio o presidio fisso. È inequivocabile il linguaggio che essi hanno scelto di adottare per parlare a noi, isterici cittadini paralizzati dalla paura dell’altro. Le pagine di questo resoconto, una a una, dicono la semantica di mettersi in cammino e in ascolto dei luoghi senza impadronirsene. Una modalità di strada che da sette anni ormai testimonia prossimità incallita alle storie del disagio umano prodotto da una società ciecamente intrappolata nella fretta del profitto come unico valore, che però impoverisce tutti. Il passo di vita non prevede lentezza di antenne tese verso la richiesta di aiuto dell’altro, men che meno se questo altro è l’ultimo anello della catena. Il perdente: povero, barbone, immigrato, “clandestino”, persona in transito. I medici e gli operatori sanitari di cui racconta questo peculiare rapporto sulla viandanza, invece, stanno soprattutto con le antenne tese, con l’attenzione e la curiosità di scorgere la persona dietro il suo bisogno, con la disponibilità a creare spazi di cittadinanza a tuttotondo per coloro che “sono sempre morti, anzi non sono né morti né vivi, sono a metà”, come ci dice con formidabile immagine uno dei giovani rifugiati incontrati presso l’ex ambasciata somala nel cuore di Roma, a via dei Villini.

Il testo integrale di Nicoletta Dentico è disponibile sul portale e può essere ripreso liberamente citando la fonte ©Infinito edizioni 2012

Per informazioni, Infinito edizioni: 06/93162414
Maria Cecilia Castagna: 320/3524918