Nella notte tra il 25 e il 26 agosto del 1992 i
serbo-bosniaci che assediano Sarajevo sparano
le prime bombe incendiarie sulla Vijećnica, la Biblioteca nazionale e
universitaria della Bosnia, che diventa uno dei simboli della distruzione di Sarajevo
e della BiH.
Il nostro autore Bruno Maran in Dalla Jugoslavia alle Repubbliche indipendenti ripercorre quella notte con queste parole.
La Vijećnica custodiva un
milione e mezzo di libri, tra i quali 155.000 esemplari rari e 478 manoscritti.
Era l’unico archivio nazionale di tutti i periodici pubblicati in o sulla
Bosnia Erzegovina. Dopo tre giorni di rogo, della biblioteca rimangono lo
scheletro di mattoni e dieci tonnellate di cenere. L’accuratezza dei tiri non
lascia dubbi sul fatto che il bersaglio fosse proprio la Vijećnica. Sui
vigili del fuoco, sui coraggiosi bibliotecari e sui volontari, che formano una
catena umana nel tentativo di salvare i libri, sparano i cecchini e le
mitragliere. Una giovane bibliotecaria, Aida Buturović, perde la vita. Anche
in una simile situazione la Bosnia si divide: “Salvavano solo i libri degli
autori musulmani”, afferma un tale Miroslav Toholj, scrittore di Sarajevo
scappato a Belgrado. Ricorda quei giorni il bibliotecario Kemal Bakaršić: “Tutta
la città fu coperta da brandelli di carta bruciata. Le pagine fragili volavano
in aria, cadendo giù come neve nera. Afferrandola, per un attimo era possibile
leggere un frammento di testo, che un istante dopo si trasformava davanti ai
tuoi occhi in cenere”.
Il violoncellista Vedran Smailović suona nella Biblioteca
distrutta, sfidando i “barbari”. Mentre lo fotografano, Smailović
smette di suonare per asciugare le lacrime. I fotografi presenti, finito di
scattare, gli dicono: “Basta. Finito…”. Spiega Smailović: “Credevano
facessi finta di piangere per loro, per il servizio fotografico, io piangevo
davvero dalla disperazione”. Crolla anche il moderno edificio che ospita la
redazione di Oslobodijenie, già colpito infinite volte. In tutto questo
periodo, il lavoro dei giornalisti della radio e della tv di Sarajevo e di Oslobodjenje
è continuato. I programmi radiotelevisivi sono trasmessi dai bunker sotterranei.
Le redazioni mantengono la composizione multietnica, molti giornalisti sono
uccisi nello svolgimento del loro lavoro.