Vi aspettiamo numerosi!
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venerdì 9 dicembre 2016
#sonotuttestorie fino a domenica a Roma Piùlibri
Fino a domenica a Roma si tiene la Fiera nazionale della piccola e media editoria “Piùlibri Piùliberi”. La manifestazione si svolge al Palazzo dei Congressi dell’Eur, a Roma. Fino a domenica 11 #sonotuttestorie, lo slogan di quest'anno. Veniteci a trovare, gli orari sono sempre dalle 10,00 alle 20,00 e ci trovate nella sala centrale del Palazzo dei Congressi, la Fila è la D (la prima nella sala centrale entrando dall’entrata sulla destra del palazzo dei Congressi, il posto è il 15.
10 dicembre, Giornata Internazionale dei Diritti Umani
«Tutti gli esseri umani nascono liberi ed
eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e
devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza», queste sono le
prime righe della Dichiarazione universale dei Diritti Umani, approvata il 10 dicembre 1948. Proprio partendo da questa data l’Assemblea
Generale delle Nazioni Unite festeggia il 10 dicembre la Giornata
Internazionale dei Diritti Umani.
Dal 1950 tutti
gli Stati membri sono invitati alla celebrazione di questa giornata nei modi a
loro più consoni. L’esempio più importante è quello della città di Oslo, che
consegna in questa occasione il Premio Nobel per la Pace. Quest’anno il Premio
è stato assegnato a Juan Manuel Santos, presidente della Colombia, per l’impegno
profuso nella pacificazione del Paese, sconvolto da oltre cinquanta anni di
guerre interne.
“L’anno
da poco concluso – dichiara Salil Shetty, Segretario generale di Amnesty International nel Rapporto 2015-2016.
La situazione dei Diritti Umani nel mondo - ha messo a durissima prova la capacità
dell’intero sistema internazionale di risposta alle crisi e agli sfollamenti di
massa di persone, che si è rivelato tristemente inadeguato. Era dalla seconda
guerra mondiale che i flussi di sfollati e di persone in cerca di rifugio non
raggiungevano le dimensioni globali attuali. Questa situazione è stata in parte
alimentata dal perdurare del conflitto armato in Siria, con ormai più della
metà della popolazione in fuga, oltre i confini nazionali o sfollata
internamente al paese. Finora i tentativi di trovare una soluzione al conflitto
non sono serviti a nient’altro che a mettere in luce divisioni globali e
regionali”.
Vogliamo
rendere manifesto il nostro impegno a favore dei diritti umani consigliando la
lettura del prezioso volume di Amnesty
International, che proponiamo, fino al 31 dicembre, a € 9,90 anziché €
19,90, perché la conoscenza è la migliore arma contro i pregiudizi.
mercoledì 7 dicembre 2016
Ultimo appuntamento della #XMasPoetryWeek, oggi con Hisam Jamil Allawi
07/12/2016. La XMas
poetry week termina oggi, insieme ai versi e alla riflessione di Hisam
Jamil Allawi.
Appuntamento durante la tregua
Mi
dispiace molto, o essenza d’amore
donna
a cui la guerra ha strappato la sua verginità
mi
dispiace, amore mio
mi
dispiace per il caos che le mine hanno lasciato dentro me
mi
dispiace per la desolazione
e
per averti trascurato anche questa sera
e
per ogni serata effimera passata
sul
dorso dei proiettili, ti chiedo perdono.
La
nostra serata si è conclusa
e
abbiamo sentito che la tregua tra i soldati è cessata.
Le
ho raccontato la guerra, l’ingiustizia e il buio,
le
nostre sventure, le morte speranze e la prigione,
le
ho raccontato della coscienza degli indifferenti.
Ma
ho dimenticato di dirle che la pace al tempo delle armi
arriva
solo quando la incontro
che
gli accordi per fermare la guerra non mi interessano
quando
sono con lei.
Perché scrivere ancora poesie, addirittura
d’amore, nel 2016? Cosa resta da raccontare dell’amore? Qualche sera fa, mentre
davo un’occhiata alle notizie su internet mi sono imbattuto in una fotografia
scattata per le strade di Aleppo da una reporter
statunitense. Nella foto si vede un muro, su cui un uomo sta scrivendo una
frase in caratteri arabi, con una bomboletta nera. La frase dice: “Quando
finirà l’assedio, ti chiederò di sposarmi”.
Questa immagine
contiene la risposta alla mia domanda. Scriviamo ancora d’amore perché
dobbiamo. Perché ognuno di noi conduce le proprie lotte, ognuno abita – come lo
chiamerebbe Calvino – il proprio inferno. Ma in questo inferno le parole
d’amore possono diventare strumenti di resistenza e sovversione potentissimi.
Questo è il motivo
e il nostro obiettivo è di farvi accompagnare dalla poesia come da un
buon compagno, per resistere ad ogni assedio.
martedì 6 dicembre 2016
#XMasPoetryWeek insieme a Gianluca Paciucci
06/12/2016.
Ci fanno compagnia nella XMas Poetry week i versi di Gianluca
Paciucci.
Una
sezione centrale di “Rictus delle verità
sociali” si intitola ‘Le verità sociali’, ed è composta da quartine di
endecasillabi a rima alternata: quartine che reggono ma che poi, a metà, cedono
e si sfrangiano in versi fragili, in piccoli testi di pochi versi liberi. In
una quartina emerge il tema del padre e del figlio:
34.
Rettifico
il silenzio di mio padre
con
comici sermoni in cima a croci:
m'ascoltano
giù in basso atroci squadre
di
guitti paranoidi e preti e proci
È uno scontro a due, con
spettatori e complici attorno: il padre tace (ma quando mai?, eppure accade che
la sua voce tonante di Pantocratore sia attraversata da afasie); il figlio lo
corregge, ma dalla croce, e comicamente arringa una folla di manipoli di
guitti, di preti e, nuovamente, di proci. Sembrano, i proci e forse anche tutti
gli altri, desiderosi di salire su quel legno, di sostituire il Cristo
parlante: questo pretendono. La croce
ci parla, ieri come oggi: Affan Ramić coi tizzoni ardenti estratti dalle case in fiamme di Sarajevo
costruiva croci. Ci parla –mi parla, forse, dovrei dire- il circo della croce: così si intitola uno
degli ultimi testi che ho scritto, in questo 2016 che s’avvia a finire. Questo
il primo movimento:
1)
croci
d’occhi
croci
d’orchi
croci
d’orchi su occhi in un circo
croci
nel petto
d’orchi
sfavilli
di
croci d’oro piantate
nei
petti vangati
piantati
negli occhi
schidioni
a mucchi
d’occhi
sacchi
marmitte
di bollori
d’occhi
e vesciche
croci
di droni
croci
di tempie irradiate
puzza
di tempie impalate
croci
di puzza di monitor
croci
di puzza di droni
croci
di puzza blindata (…)
L’anafora permette di
accostare immagini per suono e per evocazioni, come a Jacopone nei primi passi
(ma già da gigante) della poesia in Italia. Puzzano
le viscere torbide del passato, ma ancora di più quelle asettiche del
presente (monitor e droni, puzza di schermi di computer la cui leggerezza è
anche furia –false, falsificate le previsioni di grandi degli anni Ottanta, il
Calvino delle “Lezioni americane” su tutti). Puzzano le croci d’Aleppo, croci
di pini: che interrogano tutti, tutti i versi marrani di questa storia. Forse dicono che basta, basta così: dopo
secoli di nascondimenti (ufficialmente dal 1492) il verso dovrà tornare a
splendere senza paura, per ripristinare quel che c’era stato, prima dei tempi
della carenza (i grandiosi versi di Hölderlin di “Pane e vino”). Stanno per finire? Questo ci dice
l’intollerabile massacro di Aleppo, di Mosul? Mettere fine ai tempi della
carenza significherebbe smetterla di illudersi e di illudere, e prepararsi al
parto di un’epoca nuova. Ma
50.
Assistono
al parto équipe
d'odradek
Sono versi desolanti o di
piena gioia (è una quartina implosa): l’odradek di Kafka potrebbe essere
finalmente la figura che ci attende. Non sappiamo chi o cosa sia, ma potrebbe
essere lui (lei?) a riconoscerci, adescandoci. A questo vogliono portare i
versi che ho scritto negli ultimi tempi, da “Erose forze d’eros” (Infinito
edizioni, 2010) ai balbettii di quest’anno. Qualcosa dovrà pure accadere,
evocato dalla massa folle dei versi di poete e poeti degli ultimi secoli: massa
di versi come levatrice, quantità che fa pressione e stringe d’assedio il
gravido presente.
lunedì 5 dicembre 2016
#XMas Poetry wooek, oggi con Senadin Musabegovic
05/12/2016. Riprende la
settimana e la XMas poetry week con i versi di Senadin Musabegovic.
Il pallore
Accovacciato nella trincea
per la noia
cerco
con una matita rossa
di disegnare il mondo.
Le cose scompaiono sotto
le acute linee
con le quali le chiamo.
Solo il vuoto del bianco
foglio ha inghiottito tutto.
Qualcuno ha colorato di
bianco
il cielo nel quale mi
infilo come negli occhi di un pazzo;
qualcuno ha colorato di
bianco
la corteccia di un albero
che si è gonfiata come le mani
che ci hanno spinto via;
qualcuno ha colorato di
bianco
il fiore d’acacia che ci
cade sulla testa;
qualcuno ha colorato di
bianco
il passo con il quale mi
avvicino a te;
qualcuno ha colorato di
bianco
lo sguardo di mia madre
che pensa ancora
che la morte sia
al di là di me.
domenica 4 dicembre 2016
#XMasPoetryWeek, domenica con i versi e le parole di Gaia Gentile
Domenica
di nuovo in compagnia della poetessa Gaia Gentile, dei suoi versi e della sua riflessione
sul fare poesia oggi, nell’ambito della XMas poetry week.
A
Pietro
Veste
di pace e foggia di oro
con
sandali alati suona il silenzio.
Rugiada
di latte culla il ristoro
e
madreperla e cipria a dorso del pensiero
si
posano farfalle sui coralli d’alloro.
Venti
e nuvole adornano la chioma
e
granelli di sole turbinano intorno.
Conchiglie
e raggi del tempio l’aroma
spaziano
tra i filari di luce e astri;
piove
la fantasia dall’incantesimo automa.
Alchimia
di spiriti e comete l’aria cantano
siepi
nel deserto e carrozze nell’acqua
del
regno tridenti e lance sfidano,
cetre
e diademi di contemplazione golfi,
castelli
e pergolati i duelli placano.
sabato 3 dicembre 2016
#XMasPoetryWeek, 3° appuntamento con Gianluca Paciucci
Iniziamo il fine settimana della XMas
Poetry week con una riflessione e con i
versi di Gianluca Paciucci.
“Nel fare poesia”, così
Antonio Porta volle intitolare un libro, un’antologia personale del 1985 in cui
accompagnava i suoi versi (potenti) con presentazioni e autocommenti.
Preziosissimo questo sforzo di esplicitare quanto nel testo restava oscura: ma
senza nulla togliere alla complessità e alla polisemia dei versi. L’autore si
poneva al livello, peraltro splendido, di un qualunque lettore e interprete,
pur essendo destinatore e destinatario dell’opera.
Così un mio piccolo nel fare poesia vorrei darvi e darmi. In una fase in cui sto
scrivendo poco perché sopraffatto è il verso dal forte rumore che assale:
rumore di vènti meccanici che spaccano, rumore di televisori e luci di smartphone ovunque brillanti, rumore di
corpi che si ammalano e muoiono per follia militarista, fanatismi religiosi e
marce forzate dell’esercito del capitale in moto ovunque. Il verso non si sente
minacciato da tutto questo (sarebbe stolto aristocraticismo), ne viene
semplicemente intriso, come un panno che beve tutto e che poi, strizzato,
lascia nel lavello tracce di quanto raccolto in terra. Scrivo poco non perché
infastidito dal reale ma perché da questo continuamente interrogato. E le
domande non hanno risposte chiare. Il verso che ne cola, allora, è scarso e pieno
di scorie, mentre tacciono pressoché tutte le altre possibili reazioni (a
tacere più di tutto il resto, pur urlante, è la politica come arte della
costruzione di nuovi mondi). Né poesia né politica, allora. Se non che qualche verso
si ostina a presentarsi; se non che la strada presenta sempre il conto a chi
passa, tirandolo per la giacca e obbligandolo a dire e a fare.
A dire e a fare poesia, chi può, chi deve.
Ho intitolato un mio libro di versi “Rictus delle verità sociali” (Infinito
edizioni, 2015) proprio per segnalare questo stato delle cose: uno sguaiato
blocco dei muscoli facciali che fa del volto una maschera (di commedia e di
tragedia insieme), e blocco delle verità che hanno percorso gli ultimi due
secoli di esperienza dello stare al mondo. Ecco questi versi, del 1993 poi
tornati a farsi sotto nel 2014:
Creta-Madrid
1.
Sotto
la sagoma
nera
d'un toro
riposano
martiri
fascisti
del '38,
sotto
una lapide
di
polvere e mani
intrecciate
a croci:
profondamente
respirano
intorno
cardi
alti
come
uomini all'erta,
come
spinoso
picchetto
d'onore
che
sbanda sotto
i
colpi del sole
duro:
odio
fresco
depongo
su
quei morti
e
paure che a furie
commiste
crescono
fino
a intralciarsi
all'agonia
d'un
raggio
residuo
sul
muso mio:
murato
vivo
in
una maschera
di
figlio
2.
Chi
tu veramente
sia non so,
tu
nero fantasma
che
selvaggio del cielo
invadi
la torrida
arena
di buio
spietato
intridendola,
se
un dio funesto
tu
sia, oppure
un
corrisposto
enigma
di me
che
corro per mari
e
autovie scavo
e
l'armonie indago
dei
tempestosi
approdi
e delle
lotte
finali
3.
Ma
è tempo che io,
il
piccolo Odìsseo
di
Creta capace
a
volteggiare su
groppe
in burrasca,
è
tempo che il
terrificante
tuffo
nel sogno
dei
proci io
concluda
complice
nell'ultimo
ritorno
Un viaggio nella Spagna di
allora, le autovie (autostrade) con
gli enormi tori che
si possono vedere lungo le maggiori vie di comunicazioni spagnole: ideati per
il brandy Osborne, durante il franchismo, da Manolo Prieto, comunista, e una
sosta improvvisa. Dietro una di quelle enormi sagome nere si nascondeva,
dimenticato da tutti, un piccolo cimitero di ‘martiri franchisti’. La
rivoluzione spagnola, e la relativa controrivoluzione, mi hanno sempre fatto
pensare all’azione, alla generosità, e a qualcosa che, in realtà, non è finito
ancora. Immagino così di deporre “odio/fresco”, negli anni Novanta ma ancora
oggi, non per stolto antifascismo retorico e di facciata, ma perché niente deve
essere lasciato nell’inghiottitoio della storia: a questa, come dalla bocca del
leone, vanno strappati lacerti di verità, quelli che il felino non ha ancora
del tutto maciullato. Niente è finito e i versi lo sanno: così indagano, e
vanno ancora più indietro. Il toro nero rimanda a Creta, a Ulisse, forse
arrivato anche da queste parti, nel cuore della penisola iberica, a portare giochi
di tori e uomini, volteggi, acuta leggerezza e inganno. Ma ogni odissea ha un
ritorno: indagare i “tempestosi /approdi” e le “lotte finali” fa precipitare
nel sogno ultimo, che non è uno scontro, un cozzo di corpi: è calarsi nel sonno
degli altri, dei pretendenti (che
sono i nuovi distruttori, i venditori di falsità sociali) e sabotarli da
dentro, forse complice ma forse nemico ancora più feroce perché non visto, non
ritenuto tale. Ulisse si maschera, come si mascherano i marrani, apparentemente convertiti al cristianesimo ma che non
panificano di sabato e che –magari dopo secoli- riescono a tornare alla fede
antica. È il marranesimo così inteso l’approdo di questa fase della mia ricerca
poetica: versi nascosti come Ulisse per poi riprendersi, quando sarà il
momento, il trono. Senza brutture di maschi, ma con l’astuzia sfacciata e la
parola che ridiventa chiave per aprire il chiuso delle esistenze.
venerdì 2 dicembre 2016
#XMasPoetryWeek, 2° puntata, con Hisam Jamil Allawi
Secondo giorno dell’iniziativa XMas poetry week, oggi
con i versi di Hisam Jamil Allawi.
Come bruciare il ricordo di te?
Sei presente sempre nella mia vita, come
il sole
ti mostri per qualche ora e ti dilegui
in un sussurro
dove io vado e dove mi fermo e dove mi
nascondo
e dove...
la tua presenza ha appuntamento con me
come un’ombra.
Ogni volta che provo a cancellarti
dalla mappa dei miei sogni, fallisco
Fallisco, perché ritorni dagli angoli
in ogni occasione
e spunti tra le crepe del tempo.
Mi disperavo. Invece, le tue immagini
che mi invadono con avidità non
disperano
la tua immagine non ha pietà di me
e scompiglia i piani della mia vita.
Ogni volta che dico a me stesso
ecco, la storia è finita e la sua
presenza dissolta
ritorni davanti a me in un nuovo
colore e con nuova forma e nuovi particolari
oh! tu! Che non riesco a dimenticare!
Chi eri tu nella trama della mia vita?
e come sei diventata l’impronta in più
in mezzo alle mie?
giovedì 1 dicembre 2016
#XMasPoetryWeek, 1° giorno, con Gaia Gentile
Poesia, forma d’arte in cui le parole, grazie a regole
complesse, riescono a trasmettere emozioni in grado di far vibrare i nostri
cuori. Da oggi e fino al 7 dicembre poesie e liriche dei nostri autori ci
accompagneranno ogni giorno. In più, per festeggiare questa XMas
poetry week, i libri di poesia sono a un prezzo speciale, a solo 3€.
Inaugura la XMas poetry week la poetessa Gaia
Gentile con
Il
Natale di Hugo
Lacrime
di Esmeralda brillano infinite
tra
i candidi piumini e i fili dorati,
di
Natali riesumati per cattedrali rapite,
espiano
l’innocenza di scheletri abbracciati.
Un
turbinio di colori si insinua radioso
nelle
rotondità avvizzite e volte dolorose.
Pupazzi
danzano storpi nel fondale festoso
e
una goccia santifica le campane porose.
Palpiti
di incanto risuonano nelle stanze odorose,
ma
il mantello della notte svela voluttuoso
il
barbaro orrore commesso e gli amori violati
per
nascite incomprese dal sacro inghiottite.
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